Se il mondo è diviso fra prede e predatori
Una bambina scompare. Molti, in paese, commentano che era troppo indipendente, che andava camminando sola. Già pronti a renderla colpevole di ciò che potrà accaderle. Una bambina che va a spasso da sola è come un gioiello che viene messo in mostra su un muretto, a portata di mano. Chiunque passa, se lo piglia. La colpa insomma non è del ladro, ma di chi ha posato quel gioiello alla portata di sguardi vogliosi. Una bambina è proprietà dei genitori, e se costoro la lasciano incustodita, peggio per loro! Questa la vulgata più comune. Inutile che la madre insista di averla lasciata sola per pochi minuti, in una strada frequentata. Possibile che nessuno l’abbia vista? Una settimana dopo, un cane lupo attira un poliziotto vicino a qualcosa che pare la carogna di un gatto. Si scoprirà più tardi che si tratta della bambina scomparsa. È stata prima stuprata e poi strangolata con la stringa di una delle sue scarpine.
Cosa spinge uno stupratore a uccidere la sua vittima? Il fatto è che la bambina lo ha visto in faccia e può trasformarsi in una testimone pericolosa. Anche se trovano il cadavere, come possono arrivare a incolpare proprio lui, che è uno sconosciuto, un passante che ha scelto a caso la sua vittima? Nessuno ha visto. Salvo quei due occhi che si ostinavano a guardare, nonostante lui le ordinasse di chiuderli. Il delitto diventa una necessità di sopravvivenza. Quasi una giustificazione accettabile per un pedofilo incapace di capire l’altro. «Molti uomini non si sentono colpevoli per uno stupro», mi dice una psichiatra che lavora con le donne vittime di violenza. «Si stupiscono della mia indignazione. Non l’ho mica uccisa! mi dicono, e in effetti condannano severamente l’assassinio di una bambina». Ma l’atto sessuale violento lo considerano un diritto, anche se proibito dalla legge. Si tratta però di una legge esterna, che non tocca le coscienze. «Eppure mi ostino a pensare che non si nasca stupratori», insisto, «lo si diventa. Ma perché?». «Viviamo ancora immersi in una cultura divisa fra predatori e prede» mi dice lei, «in cui il più forte si sente in diritto di approfittare del più debole. Lo dicono i fumetti, lo dice la televisione, lo ripete la pubblicità. Le prede sono sempre più esposte e sole».