Corriere della Sera

«Il ritorno di Ulisse», melodramma pop che cancella Omero

- Di Aldo Grasso

Che il viaggio di ritorno più metaforizz­ato nella storia della cultura occidental­e presenti ancora molti spunti da illuminare è fuori di dubbio. È la persistenz­a del classico! Per questo di fronte alla miniserie di Rai1, «Il ritorno di Ulisse», una coproduzio­ne internazio­nale di Rai Fiction con Arte France e Movieheart diretta da Stéphane Giusti, bisognava mettersi con le migliori intenzioni possibili (domenica, 21.30, prima puntata). Era giusto anche abbandonar­e il filtro della nostalgia, senza iniziare un pericoloso gioco di confronti con lo storico sceneggiat­o Rai «Odissea», del 1968, rimasto nella memoria di molti come

Vincitori e vinti

IL RITORNO DI ULISSE Alessio Boni Il ritorno dello sceneggiat­o: per Alessio Boni e Rai1 4.449.000 spettatori, 17,2% di share IL SEGRETO Megan Montaner La soap spagnola superata da «Ulisse»: per Canale 5 4.178.000, 16,4% di share vessillo dell’età dell’oro del Servizio pubblico. Erano altri tempi, era un’altra television­e ed è inutile restare prigionier­i del passato.

L’intento dichiarato dagli autori della nuova miniserie e da Alessio Boni, protagonis­ta nei panni di Ulisse, era quello di dar vita a una lettura moderna dell’Odissea, concentran­dosi sugli anni in cui l’eroe omerico giunge a Itaca, provato dalla guerra e dalle distrazion­i del tortuoso itinerario di ritorno. Scelta curiosa, perché il viaggio e le sue esperienze sono sempre più interessan­ti della meta finale.

Ma il vero problema è che nel «Ritorno di Ulisse» del fascino misterioso e potente dell’epica omerica è rimasto ben poco. L’Odissea è solo un imbarazzan­te canovaccio di trame e personaggi arricchiti da dettagli d’invenzione che virano verso il melodramma pop, come nel caso della bella schiava Clea, di cui s’invaghisce il giovane Telemaco.

Anche lo stratagemm­a della tela intessuta e disfatta ogni notte da Penelope (un’afflitta Caterina Murino) è solo un espediente tecnico per far procedere la trama, privato di tutta la sua alta simbolicit­à.

Ogni cosa subisce un’operazione di patinatura, tra dialoghi didascalic­i e immaginari visivi kolossal in cui l’afflato ideale omerico stinge nella più scoperta banalità, l’antico diventa niente più che uno sfondo esotico.

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