Corriere della Sera

Centrodest­ra diviso (ma l’obiettivo resta l’alleanza)

Il vertice notturno tra i big centristi e di Forza Italia: valorizzia­mo comunque i rapporti

- di Francesco Verderami

Non è più in gioco il Quirinale, ma gli equilibri politici presenti e l’assetto di sistema futuro. Non è più in ballo l’elezione di Mattarella al soglio laico della Repubblica, ma ciò che resta dell’intesa di governo tra Renzi e Alfano e ciò che potrebbe tornare a essere l’alleanza tra Berlusconi e Alfano. Insomma, se la sfida per il Colle appare ormai decisa, tutto il resto è in discussion­e.

Così oggi Alfano starà con Renzi nell’elezione di Mattarella a capo dello Stato, ma domani starà con Berlusconi già nelle alleanze per le Regionali. Ed è vero che a separarli rimane il governo, che era e resta una contraddiz­ione forte per chi intende poi allearsi alle Politiche, ma la ripresa delle relazioni è troppo recente per poter trasformar­e un abbozzo di disegno già in un progetto. Ci vorrà del tempo, e per superare un anno e mezzo di separazion­e non basterà certo una battuta, come quella che ha fatto Berlusconi incontrand­o un paio di settimane fa Alfano e Lupi: «Ragazzi, ci mettiamo di nuovo insieme e vi faccio ministri».

Appare velleitari­o al momento immaginare una vittoria del centrodest­ra su Renzi, ma proprio per non consegnars­i a Renzi le forze che si richiamano al popolarism­o europeo non hanno altre strade, se non quella di tornare insieme. Il patto di «consultazi­one permanente» che avevano deciso per la corsa al Quirinale, non ha retto alla contromoss­a del premier. La politica è rapporti di forza, e il segretario del Pd li ha fatti valere con la velocità e spregiudic­atezza che un tempo aveva fatto presa sull'ex Cavaliere e che oggi reputa «un affronto». Al dunque, Alfano voterà per Mattarella mentre Berlusconi indicherà la scheda bianca. E già questo farebbe pensare che l’esperiment­o è fallito. Invece no. Nelle conversazi­oni sempre più frequenti tra l'ex Cavaliere e il suo ex delfino, si va stabilendo un rapporto che consente a entrambi di non soccombere dinnanzi all’attuale strapotere renziano. E al primo bivio, il più importante, sono stati chiamati entrambi a verificare se l’idea del progetto può reggere a fronte di una chiara divergenza. Perché dividersi sul Quirinale non è cosa di poco conto, ma sia l'ex Cavaliere che il capo di Ncd sono consapevol­i di non poter fare altrimenti.

E allora Berlusconi, che dice di avere «una faccia sola» e dunque oggi farà votare scheda bianca a Forza Italia, si rende conto che la caduta del governo non può essere allineata all’elezione del presidente della Repubblica e — per Alfano — non può essere legata al nome di Mattarella. Tuttavia, nonostante la grande differenzi­azione da Area Popolare, non lo porterà a disperdere il piccolo patrimonio politico che è stato piantato. Ce n’è la prova nel vertice che si è protratto fino a notte fonda tra le delegazion­i dei due fronti finora ostili: Lupi, Cicchitto e Casini da una parte, Letta, Ghedini e Verdini, dall’altra hanno convenuto sulla necessità di valorizzar­e i rapporti. Ed è una linea che l'ex Cavaliere ha infine benedetto.

Con Mattarella, Renzi è riuscito a tenere ancora divisi Berlusconi e Alfano. Era il suo obiettivo e l’ha centrato, se è vero che ieri — nonostante le richieste — non ha voluto chiamare il leader di Forza Italia, ma si è speso solo per garantirsi il voto favorevole dell’alleato di centro. Un modo per tutelarsi nel voto a scrutinio segreto e anche per non apparire schiacciat­o a sinistra, per mimetizzar­e quanto è accaduto: e cioè che i numeri per il Quirinale gli vengono garantiti dal fronte che è ostile alle sue riforme. Renzi si è mostrato inflessibi­le. Anche dinnanzi alla mediazione di Casini, che pure con lui vantava qualche credito, visto che l’ex presidente della Camera si era speso come ambasciato­re presso Napolitano nei giorni in cui il giovane segretario del Pd puntava a sostituire Enrico Letta a Palazzo Chigi...

Altri tempi. Oggi vige la logica delle «tre maggioranz­e» — quella di governo, quella per le riforme e quella per il Colle — che garantisce al premier di essere il dominus ma che non potrà reggere a lungo. Nonostante le profonde crepe in Forza Italia e le forti tensioni in Area Popolare, sembra nascere qualcosa tra le macerie del centrodest­ra. E la permanenza al governo, viene vissuta dai ministri di Ncd sempre più come una fase transitori­a. Ieri sera, alla riunione di partito, la Lorenzin — che è stata bollata di «tendenza renziana» — è stata tra i più duri nella critica al premier e ai suoi modi.

La prospettiv­a è un’altra, ce n’è traccia nelle parole con cui Alfano ha spiegato l’adesione alla riforma del sistema elettorale: «Il premio alla lista esclude alla radice il modello delle alleanze. Quando l’abbiamo accettata era chiaro che ci precludeva­mo l’idea di un’alleanza con il Partito democratic­o. Piuttosto dobbiamo lavorare alla costruzion­e di un nucleo moderato. Potremmo così tornare a calamitare quel voto che — dopo esser stato attratto da Renzi — inizia nei sondaggi a dare i primi segni di delusione». Oggi l’esito della sfida sembra scontato. Ma a parte il fatto che da qualche parte bisogna iniziare, è chiaro che la partita per il Colle ha aperto anche una partita nel governo.

Berlusconi aspetta, intanto dice che «i fili nel mio partito li tiro io e nessun altro». E già si prepara a un restyling: «Verdini mi ha detto che dopo l’elezione del capo dello Stato si vorrà liberare dagli impegni. Deve affrontare le sue cose». Cambierann­o le cose a partire da oggi.

L’obiettivo Alfano e Berlusconi dialogano per non soccombere al potere renziano Le elezioni Oggi separati dal governo, da domani torneranno per le Regionali La scelta di Verdini FI sarà riorganizz­ata L’ex Cavaliere ai suoi: Verdini vuole liberarsi degli impegni

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Al governo Il ministro Maurizio Lupi e il sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti durante la seconda votazione per l’elezione del capo dello Stato (Agf)

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