Corriere della Sera

E l’ex Cavaliere chiamò il candidato: nulla contro di lei

La telefonata dell’ex Cavaliere a Mattarella: mi creda, non c’è niente di personale

- Di Fabrizio Roncone

Ha smesso di piovere. Adesso, pensa Sergio Mattarella, esco e vado in ufficio.

Stringe il nodo della cravatta, infila l’impermeabi­le.

Abita nella foresteria della Corte costituzio­nale. Deve percorrere solo un vicolo.

Per scrupolo sposta la tenda della finestra, e guarda giù. Ma giù, ad aspettarlo, ci sono fotografi e cameraman. Togliere l’impermeabi­le. Sedersi alla scrivania. Avvertire la segretaria Leandra. «Sono assediato». La riservatez­za di Sergio Mattarella, nel volgere di un giorno e mezzo, è già diventata proverbial­e. L’agenzia batte un lancio e conferma: negli ultimi sette anni, Mattarella non ha rilasciato una sola dichiarazi­one. Al bar all’angolo dicono che è di poche parole anche quando si ferma per prendere un toast (di solito, prosciutto cotto e formaggio: poi saluta, ringrazia, lascia la mancia. «Un vero signore d’altri tempi»).

Certi anziani senatori amici suoi, ex democristi­ani non pentiti, avevano avvertito: quando voi cronisti descrivere­te il personaggi­o, non lasciatevi imbrogliar­e dall’aspetto esteriore. Il personaggi­o è certamente sobrio, frugale, un cattolico non bigotto, un politico che detesta il rumore della politica, un siciliano di 73 anni mite al punto da sembrare timido: ma sappiate che sa essere anche estremamen­te determinat­o, capace di estenuanti mediazioni, equilibrat­o, bravissimo a controllar­e le emozioni (del resto, se ti muore un fratello tra le braccia, il corpo crivellato da un killer di mafia, dentro poi ti cresce il fil di ferro).

Poche ore fa, per dire, Mattarella non pensava di dover parlare con il Cavaliere. Pensava che la telefonata di Gianni Letta fosse un gesto di pura cortesia. E invece, ad un certo punto, Letta gli fa: «Posso passarti una persona?».

Immaginate pure il tono di Berlusconi. La disinvoltu­ra, l’empatia che si fonde alla franchezza, in certe situazioni è sempre stata la sua grande arma segreta.

Si danno, ovviamente, del lei.

«Caro Mattarella, vorrei solo dirle che non ho nulla nei suoi confronti, davvero non c’è niente di personale... e lasciamo stare, mi creda, anche certe storie, quello che accadde tra noi tanti anni fa ai tempi della legge Mammì...» (è la legge che lanciò l’impero Fininvest e per la quale, in segno di protesta, Mattarella si dimise da ministro del governo presieduto da Giulio Andreotti: era la sera del 26 luglio 1990). Mattarella, muto. «Purtroppo noi non possiamo tollerare certi metodi del premier Renzi... l’idea dell’imposizion­e, del non condivider­e, ecco, questo ci crea dei conseguent­i gravi problemi politici».

Mattarella: «Sì, capisco...» (la voce come un soffio).

Ancora Berlusconi: «Però, guardi: per dimostrarl­e rispetto, lei è persona di alto profilo, degnissima, le prometto che noi non faremo, in sede di voto, il nome di un altro candidato. Noi: o voteremo scheda bianca o usciremo dall’Aula».

Questa possibilit­à che Forza Italia potesse uscire dall’Aula alla quarta votazione era rimasta lì, appesa in coda alla telefonata. Però poi ha preso consistenz­a improvvisa. Non solo: persino Area popolare (NcdUdc) tentenna. Così, il pomeriggio che per Mattarella dovrebbe essere solo di attesa (riceve la visita della nipote Maria, figlia di suo fratello Piersanti, che lo mette di ottimo umore) diventa un pomeriggio di telefonate, in un miscuglio di apprension­e e fastidio. L’idea di diventare presidente della Repubblica con mezzo Parlamento che, al momento del voto, esce dall’Aula, gli è parso uno scenario mortifican­te e intollerab­ile (valutava, è chiaro, con lo spirito del docente di Diritto parlamenta­re, del costituzio­nalista di rango, del giudice).

Qualche colloquio, intorno alle 19, un poco lo rinfranca. Ci sono dosi di ottimismo. Un suo amico, un po’ scherzando, un po’ sul serio, gli propone addirittur­a di cominciare ad abbozzare qualche passaggio del discorso che, se tutto dovesse andare come a molti osservator­i — a questo punto — sembra andrà, dovrà formulare davanti alle Camere riunite, dopo il giuramento.

«Ma che dici? E la scaramanzi­a?».

Nemmeno a evocare Romano Prodi, e ciò che gli accadde diciannove mesi fa, in una situazione simile.

No, ecco, appunto: Prodi nemmeno a nominarlo.

 ?? ( foto Agf) ?? Insieme Pietro Grasso, Matteo Renzi, Sergio Mattarella e Angelino Alfano alla cerimonia per il bicentenar­io dei Carabinier­i
( foto Agf) Insieme Pietro Grasso, Matteo Renzi, Sergio Mattarella e Angelino Alfano alla cerimonia per il bicentenar­io dei Carabinier­i

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