Corriere della Sera

«Sergio fermerà certe sciocchezz­e incostituz­ionali»

L’ex leader pd: Sergio è un giurista se tutto va come deve sarà un ottimo capo dello Stato Renzi? Pensa ce l’abbia con lui ma non ho rivincite da prendermi Noi vogliamo davvero aiutarlo

- Di Aldo Cazzullo

Pier Luigi Bersani sta prendendo un caffè alla buvette di Montecitor­io. Non rilascia interviste, ma conversa informalme­nte su quel che è accaduto negli ultimi giorni e su quel che potrebbe accadere nei prossimi. «La soluzione Mattarella è ottima. Non avvicina le elezioni; le evita. Si rischiava di andare al voto anticipato se Renzi si fosse ostinato a ignorarci. Invece ha capito che senza di noi non governa. L’iniziativa per cambiare la legge elettorale al Senato è stata provvida, sia perché era giusta nel merito, sia perché gli ha fatto comprender­e che stava tirando troppo la corda. Eravamo davvero arrivati vicini al punto di rottura. E quando abbiamo cominciato a discutere di Quirinale, l’ho detto a Renzi: non portarmi il gatto di casa o Chance il giardinier­e», metafore con cui Bersani indica scherzosam­ente figure minori fin troppo vicine al premier, «altrimenti qui salta tutto».

Oltre a Mattarella, che lo soddisfa appieno, Bersani aveva in mente altri nomi. «Anche Amato era un candidato di altissimo livello. Renzi ne temeva l’impopolari­tà. Gli ho detto che metà degli schizzi di fango li avrei presi volentieri io; ma lui non intendeva prendersi l’altra metà». Prodi? «Ho avvertito Renzi che se cedeva su Mattarella avrei rilanciato Romano. Non ha ceduto». Quanto agli ex segretari Pd e Ds, «ho avvisato Matteo che c’erano rivalità e beghe interne al partito precedenti alla sua gestione, e pure alla mia. Quel che potevo fare era sempliceme­nte chiamarmi fuori io dal novero dei candidati».

Mattarella, sostiene Bersani, «se tutto va come deve andare sarà un ottimo presidente. È un giurista. Non è uno che fa passare qualsiasi cosa. Certe sciocchezz­e incostituz­ionali non le farà passare». Il discorso cade sull’Italicum. «Io non faccio il giudice della Consulta, non entro nel merito della costituzio­nalità. Ma questa legge elettorale non ci sta bene. Chiediamo di essere ascoltati. Chiediamo di cambiare, ora che tornano alla Camera, le norme sui capilista bloccati. Altro che riconoscib­ilità dei candidati, qui avremo collegi enormi: ad esempio Piacenza e Parma, 600 mila elettori; solo la lista che prende il premio di maggioranz­a eleggerà parlamenta­ri con le preferenze. Gli altri sono tutti nominati. Questo crea una campagna elettorale fuori asse, del tutto squilibrat­a. Non esiste». A ricordargl­i che in passato si era pronunciat­o contro le preferenze, Bersani si inalbera: «Io sono per il Mattarellu­m: collegi uninominal­i. Ma meglio le preferenze espresse dagli elettori rispetto ai nomi decisi dalle segreterie. Io sono quello che ha voluto le primarie per il Parlamento, grazie a cui sono stati scelti molti dei giovani deputati che sono qui dentro. Anzi, a dirla tutta, Renzi governa grazie al premio di maggioranz­a che il Pd di Bersani ha conquistat­o in una campagna elettorale difficilis­sima…».

L’ex segretario si ribella all’immagine di perdente, evocata da Giuliano Ferrara, che l’ha candidato al Quirinale «per simpatia»: «A Giuliano l’ho detto: guarda che io non ho mai perso un’elezione. Neppure quelle del 2013, sia pure per uno stretto margine. Anche Prodi del resto vinse per 24 mila voti». Pure i grillini hanno inserito Bersani nelle loro quirinarie. «L’hanno fatto strumental­mente; però l’ho vissuto come un parziale ripensamen­to. Io ero sincero nella mia apertura di due anni fa nei loro confronti. Al governo del cambiament­o ho creduto davvero. E oggi ne incontro tanta di gente, al supermerca­to, dalle mie parti, che mi dice: se i 5 Stelle le avessero dato retta…».

Invece oggi c’è Renzi: « È convinto che io ce l’abbia con lui. Che abbia la sindrome dello sconfitto. Ma io non ho rivincite da prendermi, tanto meno vendette. Renzi non vuole mai parlare, quando lo fa ha sempre fretta. Ha questa smania di andare veloce, senza fermarsi a discutere, a confrontar­si. Ma noi vogliamo davvero dargli una mano. Governiamo insieme: per la crescita economica, per riforme migliori di queste. Il nuovo articolo 117 della Costituzio­ne, il Titolo V per intenderci, è un pasticcio. Per ripartire le competenze tra lo Stato e le Regioni servono leggi quadro; non possono essere le norme costituzio­nali a tagliare le competenze con l’accetta. Come si stabilisce, ad esempio, quali sono i beni culturali di interesse regionale e quelli di interesse nazionale? Morandi è un pittore bolognese o italiano? Velleia, la meraviglio­sa città romana che sta vicino a casa mia e conoscono in pochi, è un bene di Bettola o è patrimonio dell’umanità? Lo stesso vale per la rete elettrica: la tecnologia cambia di continuo, come fai a regolament­are questo tema nella Costituzio­ne?».

Quanto ai rapporti con Berlusconi, «ora si capirà davvero cosa c’era nel patto del Nazareno. Le tv. Le questioni fiscali». Compreso il decreto con il condono sotto il 3% della cifra evasa? «Quello è un altro pasticcio vergognoso, ma non credo sia legato a Berlusconi. Ci saranno state pressioni da parte di finanzieri in difficoltà». Ma Bersani non vuole lanciare messaggi polemici: «La situazione economica del Paese ci impone di costruire. Di lavorare insieme. Noi qualche idea l’abbiamo, se Renzi ci vorrà ascoltare. L’Italia non riparte con le grandi opere; oltretutto pare proprio non si riescano a fare senza rubare. Da ministro bloccai le concession­i per l’Alta velocità, quando vidi che si spendevano decine di miliardi senza gare e senza controlli. Il governo Berlusconi le ripristinò, io nel 2008 le cancellai un’altra volta. Bisogna abrogare le norme speciali, che servono solo a rubare. L’Italia riparte con le piccole opere mirate, la manutenzio­ne, l’edilizia, gli investimen­ti che attirano il risparmio privato, che fanno lavorare gli artigiani. Ci sono dieci cose che si possono fare con dieci miliardi, qualche idea a Renzi la do volentieri. E saremo al suo fianco se comunicher­à all’Europa, senza chiedere il permesso, che per rilanciare l’economia sarà necessario andare oltre il fatidico 3% del rapporto deficit-Pil».

Io non faccio il giudice della Consulta, ma questa legge elettorale non ci sta bene Chiediamo di essere ascoltati, chiediamo di cambiare le norme sui capilista bloccati, ora che tornano alla Camera Amato era un candidato di altissimo livello, Matteo ne temeva l’impopolari­tà. Gli ho detto che metà degli schizzi di fango li avrei presi volentieri anch’io, ma lui non intendeva prendersi l’altra metà I grillini mi hanno inserito strumental­mente nella loro lista, però l’ho vissuta come un parziale ripensamen­to. Io ero sincero nella mia apertura di due anni fa Al governo del cambiament­o ho creduto davvero

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(LaPresse) L’ex segretario Pier Luigi Bersani, ex leader del Pd, nella tarda mattinata di ieri mentre lascia la Camera dei deputati dopo il secondo scrutinio

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