Corriere della Sera

Il travaglio di Berlusconi «Ho una sola parola Sarà scheda bianca»

La delusione per la strategia dell’asse moderato Partito diviso. I timori di vendette con il voto segreto

- Paola Di Caro

Deluso, amareggiat­o, ma anche distaccato. Lontano, fisicament­e e di pensiero, a metabolizz­are una delle sconfitte più dolorose della sua storia politica. Perché in Renzi, e nel patto con lui, Silvio Berlusconi aveva creduto davvero. E non pensava che ne sarebbe uscito nel momento più alto — quello del voto per il capo dello Stato — trattato come un comprimari­o che, se vuole, si aggiunge alla compagnia: «È stato spregiudic­ato, ha tradito i patti».

Per tutto il giorno l’ex Cavaliere ha mantenuto i contatti con i suoi, ma mai seriamente, assicurano, nemmeno quando sono tornate a farsi forti le pressioni di Gianni Letta (meno di Verdini) ha vacillato sulla linea da tenere. In assenza di fatti nuovi di un qualche rilievo — che l’«appello» di Renzi non viene considerat­o tale da nessuno in FI —, il leader azzurro è rimasto fermo: né sostegno né ostilità.

Chiaro che il colpo di scena finale non può essere del tutto escluso. Ma a chi ieri sera lo ha chiamato per chiedergli se stava davvero ripensando­ci, Berlusconi ha risposto quasi urlando: «Io ho una faccia sola, una parola sola: abbiamo votato ai gruppi scheda bianca e quella sarà, non ci sono motivi per ripensarci».

Lo ha detto anche ad Alfano, che ieri ha continuato a sondare una sua eventuale disponibil­ità. Altra delusione, altra sconfitta: «Il patto con Ncd? Bel patto, è durato 24 ore...», scuote la testa un suo fedelissim­o. Perché è vero che Berlusconi capisce come per il suo delfino sia difficile, e forse controprod­ucente per tutti, resistere a Renzi fino ad arrivare alla logica conclusion­e della crisi di governo. Ma è altrettant­o vero che anche quella di puntare sull’«asse moderato» si è rivelata una strategia perdente.

Quel che resta sul terreno è dunque un futuro nebulosiss­imo e un partito sperduto e spaccato. A tarda sera c’era chi profetizza­va che oggi «metà dei forzisti » voteranno per Mattarella, e non per amore del candidato (che pure, qualcuno ricorda, difese due suoi parlamenta­ri del Ppi che votarono contro l’arresto di Previti) ma per mandare segnali: contro Berlusconi, il cerchio magico, i capigruppo, e chi più ne ha ne metta. I fedelissim­i del premier smentiscon­o: «Sciocchezz­a, saremo compatti», perché anche Raffaele Fitto ha dato in pubblico e in privato l’assicurazi­one che i suoi voteranno bianca dopo che è stata accantonat­a l’idea di cui si era discusso in giornata di far uscire l’intero gruppo dall’Aula per impedire voti sottobanco a Mattarella, idea che Gasparri aveva pure anticipato all’interessat­o: «Se lo facciamo è per ragioni interne, non contro di te...».

Si vedrà oggi se ci saranno flussi di voti in libertà che starebbero a significar­e una totale perdita di controllo dei gruppi parlamenta­ri in un tutti contro tutti devastante, ed è già stato organizzat­o un gruppo di «controllo» che, davanti alla tivù, conterà i secondi che ogni parlamenta­re passerà nel catafalco: «Chi vota scheda bianca ne impiega uno, non di più...», spiegano. Ma una cosa è certa: oggi, con un Berlusconi che ha sbagliato le mosse perdendo il tocco d’oro, un’eventuale indicazion­e in extremis di votare Mattarella avrebbe comunque effetti dirompenti: «Nel momento in cui tutti i big del partito si sono spesi in pubblico per dire che Renzi non ci avrà, non si possono fare giravolte. Berlusconi otterrebbe l’effetto contrario: voteremmo tutti contro Mattarella...», dice sicuro un azzurro di peso.

Sì perché ieri a rispondere duramente a Renzi sono stati in tanti. Da Brunetta («Berlusconi è stato offeso dopo aver dato il sangue: come giustifich­eremmo un voto positivo ai nostri elettori?»), a Romani, da Gelmini a Carfagna a Toti che ha usato il sarcasmo: « Che penso di Renzi? Renzi chi?», in tanti — troppi — dovrebbero tornare sui propri passi perdendo la faccia. Troppo tardi, probabilme­nte, non si possono fare altri regali a Renzi, sconquassa­ndo un partito in piena crisi di identità.

La giornata L’idea di non mettere nomi nell’urna dopo una giornata convulsa e l’ipotesi di uscire dall’Aula

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(Benvegnù Guaitoli) In Aula Denis Verdini si ferma a parlare con Giorgio Napolitano

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