E i fittiani esultano: li abbiamo convinti noi ora sono nell’angolo
« Raffaele, mi hanno mandato a chiederti se ci sono margini perché tu e i tuoi possiate cambiare linea. Se non usciamo tutti dall’Aula, è finita per tutti». L’altro ascolta. Poi risponde: «Niccolò, Berlusconi ha commesso errori su errori. Non ci ha ascoltati, ci ha accusato di essere dei traditori quando avevamo ragione. È troppo tardi. I miei entrano e votano…».
Sbarrato ogni canale diplomatico con i capigruppo (di cui i «ribelli» hanno chiesto le dimissioni), muti tutti i contatti con Arcore, tocca a Niccolò Ghedini provare a convincere Raffaele Fitto a evitare a Forza Italia il tracollo. Sono quasi le 18 e i due, l’avvocato veneto e l’europarlamentare pugliese, stanno scrivendo — in un angolo nascosto di Montecitorio — una delle pagine decisive della storia di questa elezione al Quirinale. Il fallimento della missione di Ghedini, in un colpo solo, decreta la giornata nera di Forza Italia e avvicina Mattarella al Colle.
Riavvolgendo il nastro della giornata, e siamo al primo pomeriggio, c’è Fitto che riunisce a due passi dalla Camera. I «ribelli» sanno che è in corso una riunione dello Stato maggiore del partito. E partono col fuoco di fila. «Leggo di una fantomatica riunione dei cosiddetti uffici di presidenza dei gruppi di FI. Spero che sia per le dimissioni, altrimenti sarebbe l’ennesima riunione autoreferenziale e senza legittimazione » , scandisce l’europarlamentare. I suoi lo seguono. «È la Caporetto per i collaborazionisti. Persino Fassina ci sberleffa», azzanna il deputato Nicola Ciriacì. «Basta nascondersi dietro Berlusconi. Che facciano bagno di umiltà», urla Antonio Distaso. E Maurizio Bianconi, immancabile: «Ora mi fermano tutti per dirmi che avevo ragione. Con la ragione non ci faccio un c… Berlusconi o si ferma o è finito pure lui». Nella riunione, l’ex governatore e i suoi prendono una decisione chiara. «Quelli», è il riferimento ai berlusconiani, «stanno facendo una scemenza dietro l’altra. Dicono che rimarranno fuori dall’Aula? Bene. Noi entriamo e votiamo».
La posizione dei fittiani, come molti parlamentari del Pd riconosceranno a Fitto stesso, è quella che cambia il senso alla giornata. Perché arriva a un passo dal blindare Mattarella. Basta che Fitto annunci la presenza
Gli equilibri Inutile la mediazione di Ghedini. A sera Fitto: attenti che Berlusconi non segua Alfano Ciriacì È la Caporetto per i collaborazionisti Persino Fassina ci sberleffa Bianconi Mi fermano tutti per dirmi che avevo ragione Con la ragione non faccio nulla
dei suoi alla quarta votazione e l’effetto domino si riproduce tra gli alfaniani che, iniziano a tentennare. E quando FI capitola, convertendo la posizione di «non votare» in quella di «votare scheda bianca», i fittiani celebrano la vittoria. «Gli abbiamo fatto cambiare idea. Ora sono nell’angolo».
Alle 21, in un hotel vicino Montecitorio, Fitto torna a riunire i suoi. La sua idea di partecipare alla votazione di oggi è diventata, nel giro di poche ore, la «linea del partito». Ma l’ex governatore è convinto che ancora tutto sia possibile. «Alfano alla fine voterà per Mattarella. E dobbiamo stare attenti che anche Berlusconi non lo segua», sono le frasi con cui inizia l’ennesima riunione della giornata. Di conseguenza, è la proposta, «vediamoci domattina (oggi, ndr) e vediamo che succede». La spaccatura di FI è agli atti. Ma i «ribelli» hanno ancora un altro obiettivo. «Rompere per sempre il patto del Nazareno». Agevolando la corsa di Mattarella. O smarcandosene. Comunque, facendo il contrario di quello che farà Berlusconi.