Contratto, la protesta dei bancari «Paghiamo le colpe dei manager»
Camusso: pronti altri scioperi. L’Abi: richieste inconciliabili con i conti
Bisogna tornare al rinnovo del contratto dell’aprile ‘90 con Carlo Donat Cattin ministro del Lavoro per trovare un’altra mobilitazione dei bancari come quella vista ieri in giro per l’Italia. Allora si arrivò a poco meno di cento ore di sciopero. A oggi le giornate perse sono «soltanto» due. Ma non è detto che le tensioni finiscano qui. Anzi. Lo hanno ripetuto ieri dal palco della manifestazione milanese sia Susanna Camusso per la Cgil che Lando Mario Sileoni per la Fabi: «O la vertenza si sblocca nelle prossime due settimane o ci saranno nuove mobilitazioni».
Il sindacato è soddisfatto della risposta dei bancari allo sciopero di ieri: secondo le stime delle sigle della categoria il 90% dei bancari ha incrociato le braccia e il 95% degli sportelli è rimasto chiuso. Trentamila le persone in piazza di cui 7.000 a Milano. Anche qui si parla di valutazioni degli organizzatori, per la Questura davanti a piazza della Scala c’erano tremila persone. Ma per una categoria poco avvezza a cortei e slogan è comunque una novità.
Dal canto suo l’Abi non arretra. Con un comunicato ieri ha sottolineato sì «la volontà di arrivare ad un rinnovo del contratto». Ma nello stesso tempo ha ricordato che la scadenza del 31 marzo oltre la quale il contratto sarà disapplicato resta «chiara e netta». La risposta del corteo sono stati i manifesti con fotomontaggi che immortalavano banchieri come Carlo Messina, Alessandro Profumo e Federico Ghizzoni nei panni dei pirati dei Caraibi.
Ad aiutare lo sciopero di ieri è arrivata la paura per le conseguenze sull’occupazione del decreto che trasforma le principali banche popolari in spa. Secondo Assopopolari, ai 12 mila esuberi stimati nel settore da qui al 2020 potrebbero aggiungersene altri 20 mila. Un motivo sufficiente da solo a far entrare in allerta la categoria. Ma non è solo questo. Ormai la vertenza dei bancari è assurta a ultima barricata. Se il contratto nazionale non venisse firmato per una categoria a cui appartiene la nobiltà del lavoro dipendente perché mai dovrebbe tenere in altri settori? E così ieri in piazza al fianco dei bancari sono scese anche Cgil, Cisl e Uil.
Altro aspetto rilevante: qualche grande gruppo mediterebbe di concludere accordi aziendali in sostituzione o anticipazione del contratto nazionale. Tra questi Unicredit. Parliamo di realtà in cui le relazioni industriali funzionano e i sindacati sono abituati a negoziare su tutto. Difficile comunque che fughe in avanti si consumino prima del 31 marzo, data del redde rationem, oltre la quale il contratto della categoria sarà disapplicato.
Da dove può ripartire la trattativa? «Abi ha voluto contarci, adesso aspettiamo una convocazione», va a muso duro Massimo Masi, segretario generale della Uilca.
Solo un bluff per tenere alta la posta? «Negli ultimi 18 giorni ho partecipato a 12 assemblee nei luoghi di lavoro. Abbiamo fatto votare tutti sulla disponibilità a continuare la mobilitazione anche con altri scioperi se necessario. E il sì è stato plebiscitario», racconta lungo il corteo Marino Perrotta, segretario organizzativo della Fiba Cisl di Monza-Brianza e Lecco.
Se è vero che i bancari hanno posato penna e mouse per imbracciare bandiere e megafoni, resta il fatto che le banche tengono il punto delle loro istanze. Lo registra tra le righe del suo discorso dal palco improvvisato di piazza della Scala anche il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni: « Alessandro Profumo, a capo delle relazioni sindacali per l’Abi, sembra avere una sorta di delega del no.
Solo no e sempre no, su tutto». Ma, nonostante la distanza delle posizioni, le diplomazie delle due parti hanno già cominciato a lavorare. E qualcosa potrebbe muoversi già settimana prossima.
Il negoziato Sileoni (Fabi): il mandato dei banchieri? Dicono sempre no