Effetto Tsipras, si apre la partita spagnola Podemos inizia la «Marcia del Cambio»
Il partito in piazza contro la «casta». Tutto è organizzato (letti e divani inclusi) via web
«Possiamo recuperare la sovranità nelle nostre istituzioni. Ribaltare una situazione che ha visto poche persone ignorare il contratto sociale e sequestrare la democrazia, mentre, dall’altra parte, la grande maggioranza si impoveriva per misure ingiuste quanto inefficaci».
Piccolo test di politica europea. Chi sarebbero i rapitori? E chi ha pronunciato queste frasi? Alcuni indizi sono fuorvianti. L’appello ai sentimenti, al senso di giustizia sociale, alla contrapposizione ricchi-poveri è tipico del nuovo governo greco di Alexis Tsipras. Tipica è anche l’attesa di un’imminente rigenerazione come l’esigenza di «sovranità», magari cominciando col cacciare i controllori della troika.
Invece no. La Grecia non c’entra (o quasi). A parlare è lo spagnolo Íñigo Errejón, l’ideologo della campagna elettorale delle Europee 2014 che hanno trasformato Podemos nel secondo partito di Spagna.
Podemos a Madrid come Syriza ad Atene. I loro due leader, Pablo Iglesias e Alexis Tsipras, percorrono gli stessi sentieri mentali. Promettono, accendono entusiasmi, rompono schemi. E vincono elezioni. Tsipras c’è riuscito domenica scorsa. Iglesias ha davanti un 2015 di fuoco che potrebbe convertire il suo neonato movimento di sociologi e politologi nella prima forza politica spagnola. Se si votasse domani, dicono i sondaggi, Podemos prenderebbe più voti del Partido Popular di Mariano Rajoy, attualmente al governo con maggioranza assoluta di seggi. Per sfortuna di Iglesias però il 2015 sarà una corsa a tappe e il rischio di scivolare è in agguato.
Si comincia in marzo con il voto amministrativo in Andalusia, si prosegue in maggio con altre importantissime Autonomie, si continua in settembre in Catalogna per finire a novembre con le Politiche nazionali. Se Podemos dovesse fare poker la Spagna ne sarebbe stravolta. Tramonto per i socialisti del Psoe, come sono praticamente scomparsi i socialisti greci del Pasok. Ma soprattutto polarizzazione politica che è improprio definire sinistra contro destra, forse meglio nuovo contro vecchio o ancora fantasia contro austerità.
Oggi Podemos ha convocato la «Marcia del Cambio». Poche centinaia di metri nel centro di Madrid per essere sicuri di riempirli tutti. Bisogna scaldare i motori, oliare gli ingranaggi della propaganda di piazza. Podemos è a suo agio online e in tv, meno quando si tratta di consumare le suole sull’asfalto. Sta sperimentando, anche in questo caso senza imitare nessuno. La marcia di stamane si fa a suon di crowdfunding, carpooling e couchsurfing. In altri tempi si sarebbero chiamate collette, passaggi in auto e ospitalità sul divano di casa, ma la novità linguistica è secondaria. Con Podemos è la Rete che si auto- organizza. L’idea è che a Madrid non sfilino «truppe cammellate» di sindacal memoria, ma un popolo attivo e voglioso di impegnarsi per scalzare la «casta» dei politici professionisti. Duecentosessanta autobus confermati sono un inizio promettente.
E’ lo stesso entusiasmo che si è sentito ad Atene. La parentela greco-spagnola però potrebbe ora rivelarsi un handicap per Iglesias. Se la baldanza ateniese dovesse scontrarsi con la mancanza di denaro, anche il «cambio» spagnolo verrebbe messo in dubbio. E’ in questo che sperava il premier iberico Mariano Rajoy quando è volato ad Atene per appoggiare l’ex governo pro austerity greco. E’ questo che terrà a mente il suo ministro delle Finanze quando all’Eurogruppo sceglierà se e come andare incontro alle richieste greche. A questo penserà Rajoy quando difenderà le virtù dei bilanci in ordine e il rispetto dei debiti. Se Atene vincesse, tutti in Europa sarebbero autorizzati a pensare «possiamo», anzi «podemos». Se Atene cade, anche la marcia spagnola andrebbe derubricata al capitolo utopia.
La linea del governo Il premier Rajoy ora difenderà le virtù dei bilanci in ordine e il rispetto dei debiti