Romney rinuncia, tre volte è troppo Strada spianata a Jeb Bush per il 2016
L’establishment si schiera con la dinastia repubblicana. Mitt: largo ai giovani. Il piano (segreto) di tornare?
Dopo aver stupito il mondo politico americano dichiarandosi pronto a correre per la terza volta per la Casa Bianca, Mitt Romney prende di nuovo tutti in contropiede annunciando il ritiro dalle primarie per le Presidenziali 2016. Il ruolo di favorito ora passa a Jeb Bush, ma questo ritiro è tutto da raccontare perché l’ex governatore del Massachusetts non esce completamente di scena. Sembra volersi sedere sulla riva del fiume: se vedrà passare il cadavere del figlio e fratello di presidenti, potrebbe anche tornare in pista. Ma se ne parlerà tra più di un anno.
Fino a qualche giorno fa Romney appariva deciso a candidarsi: aveva convinto la moglie e gli altri familiari recalcitranti, riceveva incoraggiamenti da ogni parte, i sondaggi lo davano in testa in campo conservatore. Ma, grattando un po’ oltre la superficie delle cose, non era difficile trovare un quadro ben più frastagliato e problematico: Jeb Bush, meno noto al grande pubblico e indietro nei sondaggi, si era mosso in anticipo e con molto vigore reclutando un pezzo della vecchia squadra elettorale di Romney e trovando ampi consensi nell’«establishment» repubblicano. Molti grandi finanziatori del partito, che in passato hanno investito su Romney ma che sentono sempre forte il richiamo della famiglia Bush, avevano espresso il loro disagio per il fatto di essere stati raggiunti, a distanza di poche ore, da telefonate di Mitt e Jeb che chiedevano appoggi.
Inoltre un personaggio influente (e dalla lingua tagliente) come l’editore Rupert Murdoch si era messo a parlare di quello che ha più «chance». Ho un vantaggio di due a uno su tutti. Ma sarebbe comunque una battaglia difficile e, dopo due tentativi, è giusto dare la possibilità di emergere ad altri candidati repubblicani: mi faccio da parte.
Ma il suo non è un ritiro definitivo: Romney non appoggia altri contendenti, chiede a se stesso se potrebbe ripensarci e si risponde che la cosa è improbabile. Cioè non la esclude. Traduzione: Mitt non scende in campo, non si consumerà in un’altra campagna. Se Jeb Bush vincerà nettamente le primarie, la questione si chiuderà lì. Ma se gli elettori mostreranno di averne avuto abbastanza della dinastia Bush o se respingeranno il messaggio di Jeb, che su alcuni temi come l’immigrazione piace più ai democratici che ai conservatori, lasciando spazio ai candidati radicali, le cose potrebbero ancora cambiare. Un partito diviso e per nulla convinto della sentenza delle primarie potrebbe optare per il colpo di scena: i grandi elettori che alla «convention», in piena tempesta, azzerano tutto e si rivolgono all’«usato sicuro», richiamando Romney.
Lui per ora non solo non appoggia Bush, ma, nel farsi da parte, auspica che « possa emergere un leader repubblicano delle nuove generazioni che oggi non è noto come me, ma che col tempo possa mostrarsi in grado di sconfiggere il candidato democratico » . Un’implicita sconfessione del 61enne Jeb che ha vinto la sua ultima elezione 13 anni fa. Oggi Mitt pranza col governatore del New Jersey, Chris Christie: l’unico che può togliere voti a Bush tra gli elettori moderati.
Dopo aver esaminato con attenzione la possibilità di correre di nuovo per la Casa Bianca nel 2016, ho deciso di non farlo Ho deciso che è meglio dare ad altri leader del partito repubblicano la chance di diventare il prossimo candidato alla presidenza