Corriere della Sera

La moglie

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Le urla al telefono alle 3 del mattino perché il latte comperato era quello in busta di plastica e non nel cartone, l’ordine alle donne delle pulizie di fare la doccia e cambiarsi d’abito prima di salire al secondo piano (padronale o in questo caso ministeria­le), i commenti razzisti: «Avete ordinato troppo cibo, noi non siamo come voi marocchini che mangiate, mangiate, mangiate. Così ci fate ingrassare e veniamo male nelle foto ufficiali all’estero».

Da anni Sara Netanyahu è inseguita («perseguita­ta» dice il marito Benjamin) dalle cause di ex dipendenti che hanno lavorato alla residenza del primo ministro israeliano. Meni Naftali ha gestito il palazzo ufficiale a Gerusalemm­e tra il 2011 e il 2012 con il ruolo di super assistente: doveva rispondere a tutte le esigenze della coppia, dalle scorte nel frigorifer­o alle richieste degli ospiti internazio­nali.

Dopo essersi licenziato, ha assunto un avvocato e chiede il risarcimen­to di un milione di shekel (quasi 240 mila euro) ai Netanyahu e allo Stato perché sostiene di aver subito

Sara Netanyahu, 56 anni, moglie del premier, è inseguita da denunce di ex dipendenti. L’ex assistente principale di palazzo ha fatto causa per 240 mila euro di risarcimen­to

Il bottigliag­ate prende il nome dai vuoti di bottiglia che Sara esigeva che lo staff riportasse al supermerca­to per intascare 10 centesimi (anche se sono comprate coi soldi dei contribuen­ti) angherie e abusi.

Dalle carte presentate in tribunale viene fuori quello che gli israeliani hanno soprannomi­nato «bakbuk-gate» (bottiglia-gate) e che rischia di inguaiare politicame­nte il primo ministro. La First lady esigeva — rivela il quotidiano Haaretz — che gli assistenti riportasse­ro i vuoti delle bottiglie al supermerca­to e le con-

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