«Di Cataldo non picchiò la moglie». Il cantante scagionato
La donna lo aveva accusato postando le immagini del viso insanguinato. Ma per il pm le foto sono false
Da marito violento che picchia la moglie fino a costringerla ad abortire. A vittima di una donna capace di postare su Facebook un selfie con il volto tumefatto per le botte ricevute di dubbia autenticità. È la parabola di ciò che è accaduto al cantante Massimo Di Cataldo, costretto a vivere per diciotto mesi con il marchio infamante dell’uomo violento senza aver mai fatto del male fisico alla propria compagna, la visual artist Anna Laura Millacci.
La Procura, infatti, ha chiesto l’archiviazione della posizione di Di Cataldo per il reato di maltrattamenti dopo il proscioglimento (già deciso) dell’accusa di procurato aborto. Un esito imprevedibile se si ritorna con la memoria all’estate del 2013, quando il 20 luglio compaiono all’improvviso su Facebook le foto della Millacci che mostra i segni delle botte ricevute (sostiene lei) dal marito. Donna dai lineamenti fragili e dolci, appare con il volto sfigurato dalle ecchimosi sulle guance, dalle macchie di sangue sotto il naso, gli occhi bagnati dalle lacrime.
In quel momento il mondo del cantante crolla sotto il peso delle immagini, dure da guardare e impossibili da perdonare. Si credeva che fossero una coppia felice, sposata da tredici anni, per di più genitori di una bambina. Quei selfie sembrano svelare — al contrario — la storia cruenta di una realtà nascosta da chissà quanti anni. Di Cataldo emerge come un dottor Jekyll e signor Hyde.
Ebbene, dopo diciotto mesi quelle foto raccontano una verità ancora più complessa, dove chi recita una parte ambigua è adesso la Millacci. A questa conclusione arriva la consulenza disposta dall’avvocato Daniele Bocciolini, difensore del cantante, secondo cui non c’è compatibilità tra le tracce ematiche presenti sul volto e le percosse denunciate dalla moglie. In altre parole non si capisce da quale ferita provenga il sangue sul viso della donna. Una tesi sposata dalla Procura, con la nuova richiesta di archiviazione. Il problema adesso è chiarire cosa si cela dietro le accuse avanzate dalla moglie dell’artista, sulla quale si allunga una luce inquietante: la Millacci sostiene di essere stata colpita dal marito a mezzogiorno e svela le violenze scattandosi dei selfie 100 minuti dopo l’aggressione. Ma è dentro questo intervallo di tempo che una foto — rinvenuta nel telefonino della Millacci — non fa tornare il conto: sono le 12.11 quando lei s’immortala e appare in ottime condizione. Inevitabile il sospetto che in quell’ora abbia preparato la scena. Il problema a questo punto è capire perché lo ha fatto.