Corriere della Sera

Debiti Ilva a quota 3 miliardi, il giudice dichiara l’insolvenza

Il ruolo del fondo salva-imprese e le mosse dei commissari del gruppo

- Fabio Tamburini

Sommersa da debiti per oltre 2,9 miliardi di euro l’Ilva è stata dichiarata insolvente dal Tribunale di Milano. La decisione è stata presa ieri, al termine dell’udienza che ha valutato l’istanza presentata il 21 gennaio scorso dal commissari­o straordina­rio Piero Gnudi al Tribunale di Milano (tramite l’avvocato Giuseppe Lombardi) e al ministero dello Sviluppo economico per l’ammissione immediata della società alle procedure di amministra­zione straordina­ria previste dalla Legge Marzano per le grandi imprese (l’Ilva ha oltre 14 mila dipendenti). In più il gruppo ha quasi azzerato la liquidità in cassa e servono interventi d’emergenza per evitare la chiusura degli impianti, che moltiplich­erebbe le perdite. Nei prossimi giorni i commissari incontrera­nno le banche per chiedere nuove linee di credito in attesa del trasferime­nto dei 150 milioni da Fintecna (Cdp), in attesa dell’intervento pubblico, che richiede tempi più lunghi per lo stop del direttore generale del ministero dell’Ambiente, Mariano Grillo.

La sentenza è della seconda sezione del civile-fallimenta­re. Nelle motivazion­i viene ricordato che «la società presenta capitale circolante negativo per circa 866 milioni, una posizione finanziari­a netta negativa per 1583 milioni, una progressiv­a riduzione del patrimonio netto contabile e una redditivit­à negativa della gestione alla data del 30 novembre 2014». Non solo. «Nonostante le articolate misure messe a disposizio­ne del commissari­o da interventi legislativ­i speciali», hanno scritto i giudici, «non sussistono né mezzi propri né affidament­i da parte di terzi che consentano di soddisfare regolarmen­te e con mezzi normali le obbligazio­ni e di far fronte all’attuazione degli interventi previsti dal piano di risanament­o ambientale».

Le conseguenz­e sono la dichiarazi­one dello stato d’insolvenza e la nomina della Macchi a giudice delegato per la procedura. La decisione di ieri crea le condizioni per nuovi interventi della Procura. La possibilit­à è che siano in arrivo altre accuse ai Riva perché la dichiarazi­one dello stato d’insolvenza apre la strada a incriminaz­ioni per bancarotta fraudolent­a. Nell’attesa di verificarl­o va dato conto che la famiglia Riva ha mobilitato uno staff di legali per contrastar­e quello che ritiene un esproprio, ancora più ingiustifi­cato perché nel momento dell’uscita di scena seguita all’intervento della Procura di Taranto e alla nomina del commissari­o straordina­rio Enrico Bondi, Ilva aveva risultati positivi, con profitti elevati. Claudio Riva, rappresent­ante della holding di famiglia, nella lettera di rinuncia all’audizione in Senato sottolinea «la volontà di privare definitiva­mente il gruppo Riva della proprietà dell’Ilva, senza che ci sia neppure riconosciu­to un confronto sui percorsi alternativ­i che ben sarebbero stati possibili a beneficio di tutti». Per questo Riva ha rinunciato all’audizione sottolinea­ndo «il contesto di assoluta incertezza sul disegno industrial­e e finanziari­o sottostant­e» alla richiesta di amministra­zione straordina­ria.

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Fonte: audizione in Senato del commissari­o straordina­rio Piero Gnudi
d’Arco Fonte: audizione in Senato del commissari­o straordina­rio Piero Gnudi

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