Corriere della Sera

Dylan canta Sinatra

Interpreta­zione di dieci classici in «Shadows in the Night» «Frank sarebbe contento di questi brani ma non mi paragonate a lui La vecchiaia? Mi ha dato la saggezza, la passione è un gioco da giovani»

- Andrea Laffranchi

Passare alla storia. Frank Sinatra e Bob Dylan a quel traguardo ci sono arrivati. Da strade diverse. Con voci diverse. Quella di Frank calda e precisa, elegante e classica. Quella di Bob sporca e ruvida, spigolosa e particolar­e. Esiste un incrocio però. Per «Shadows in the Night», 36esimo album in carriera (esce martedì 3), Dylan ha deciso di reinterpre­tare standard del Great American Songbook, il canzoniere classico a stelle e strisce con cui si sono misurati i grandi, da Billie Holiday a Louis Armstrong. C’è un filo conduttore che ha guidato il progetto: tutti i dieci brani prima o poi sono stati interpreta­ti da Sinatra (e «I’m a Fool to Want You» è stata pure scritta dal crooner).

«Quando inizi a fare queste canzoni, non puoi non avere in mente Frank. È la montagna da scalare, anche se non arrivi fino in cima. È con lui che bisogna confrontar­si. Aveva la capacità di entrare in una canzone in modo colloquial­e. Frank cantava a te, non per te», ha raccontato Dylan nell’unica intervista legata alla promozione. Nota di colore. L’ha rilasciata a AARP The Magazine, rivista bimestrale dell’associazio­ne pensionati americani. E non c’è da ridere: è il magazine con la maggior diffusione negli Stati Uniti.

Dylan sa bene la distanza che li separa. All’alba dei Sixties il suo folk impegnato e le sue canzoni da marcia per i diritti umani facevano a pugni con le atmosfere da night club e lo smoking di Ol’ Blue Eyes. «Allora non compravo i suoi dischi, ma li si poteva sentire comunque, in macchina come in un jukebox — ricorda —. Certamente negli anni Sessanta nessuno adorava Sinatra come nei Quaranta. Ma lui è rimasto. Tutte le altre cose che pensavamo sarebbero rimaste sono sparite. Lui no».

E forse in questo Dylan ci vede qualcosa del suo destino. Non è popolare oggi come in passato, ma nella sua produzione più recente ci sono lavori, come «Time Out Mind» del 1997, che ci fanno perdonare anche gli scivoloni come l’apparizion­e nella pubblicità di Victoria’s Secret o l’aver accettato la censura cinese pur di fare concerti laggiù.

Nell’intervista si parla anche di anni che passano. «La passione è un gioco da giovani, mentre i vecchi devono essere più saggi». Negli anni Sessanta smise di andare in tour per un bel po’ per stare vicino alla famiglia: «Fu frustrante e doloroso rinunciare alla mia arte».

L’imprevedib­ilità è nel dna di mister Zimmerman. Ne sanno qualcosa i fan che nei concerti si ritrovano le hit stravolte e irriconosc­ibili. Anche in «Shadows in the Night», che lui stesso ha prodotto sotto lo pseudonimo Jak Frost, si sente la zampata. Le cover sono diventate il pane quotidiano dei talent o l’ultima spiaggia per chi deve riempire un vuoto creativo. Dylan ne nobilita il concetto offrendo vere riletture. L’impianto classico del Rat Pack, l’orchestra, lo swing, gli archi e i fiati viene smontato per dare spazio alla band, ai suoni della chitarra e alla steel. Non è un album dal gusto retro come quello «Swing When You’re Winning» di Robbie Williams che nel 2001 (prima di Bublé) riportò di moda lo swing. «Da tempo volevo fare un disco come questo ma non ho mai avuto il coraggio di avvicinarm­i ad arrangiame­nti complessi per trenta elementi e adattarli per una band di cinque » , spiega. E aggiunge: «Non mi sembra di aver realizzato delle cover, ne sono state fatte talmente tante che alcuni brani sono stati sepolti. Con questo album le stiamo facendo riscoprire. Sinatra sarebbe sorpreso. In un certo senso ne sarebbe orgoglioso».

Dylan si concede anche un vezzo. Arrivato a 73 anni spinge la sue vocalità nel territorio del crooner. E se qualche volta non ce la fa, va bene lo stesso. «Paragonare me a Frank Sinatra? Non scherziamo. Già essere menzionati nella stessa frase è un gran bel compliment­o. Quanto a toccarlo, nessuno lo tocca. Né io, né nessun altro».

La famiglia In un’intervista Bob ricorda il ritiro nel ‘66 per dedicarsi ai figli «Mi costò farlo» Negli anni Sessanta nessuno lo adorava come accadeva prima Ma «The Voice» resta e tante altre cose sono sparite

 ??  ?? Voci Frank Sinatra, leggenda della musica scomparsa nel 1998 a 82 anni; a destra Bob Dylan, 73: nel suo nuovo album interprete­rà brani di «The Voice»
Voci Frank Sinatra, leggenda della musica scomparsa nel 1998 a 82 anni; a destra Bob Dylan, 73: nel suo nuovo album interprete­rà brani di «The Voice»

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