Quelle donne sull’orlo di una crisi di nervi
oldini — disse Sem — dipingeva le donne coi nervi a pezzi, affaticate da questo secolo tormentato... le prostitute amoreggianti, attorcigliate in guaine di seta dalle increspature fosforescenti, dai corsetti infiorettati, hanno le gambe impazzite». L’opera di Boldini è intessuta di personaggi femminili. Nessuno più di lui ha saputo tradurre in convulse pennellate la tristezza segreta di quante, incarnando l’ideale del secolo, una bellezza ammaliante al punto da diventare pericolosa, ne percepivano la transitorietà. È la cupa, ironica bellezza di Geneviève Lantelme, la cortigiana bisessuale destinata una morte tragica. La pallida seduttrice è illuminata dal lucido nero dell’abito e del vasto cappello, da cui si sprigionano, in un fascinoso disordine, i capelli ricciuti. Il carattere dominatore di Rita Lydig trapela dal suo rapporto con le calzature. Non aveva dubbi: «La sessualità comincia col piede. È a partire dal piede che una donna comincia ad ornarsi. Una calzatura che non ha sex-appeal è come un albero senza foglie». Si era fatta fare centinaia di scarpe, e non aveva esitato a sacrificare alcuni Stradivari per trasformarli in forme per le sue calzature. Élisabeth de Gramont aveva rifiutato, intuendo che «in un modo o nell’altro bisognava pagare» il pittore. Ma un fiume di donne assillava l’artista, persuase, come la principessa Bibesco, che: «I miei occhi non servono a vedere, ma ad essere vista». (Foto: Boldini, «Ballerina spagnola», 1905) una bella giornata di primavera a Parigi, il calendario segna un numero tondo: 1900. Per le vie di Montmartre cammina un uomo sottile, con folti capelli neri e uno sguardo infantile, a dispetto dei 37 anni compiuti. Viene dalla provincia (Périgueux, Bordeaux) e si chiama George Gourçat. Ma ancora per poco: in quei primi giorni del nuovo secolo, mentre la città si preparava all’Esposizione universale e ai Giochi della II Olimpiade, George ha deciso di stabilirsi nella ville e di cambiare nome: sarà per tutti Sem.
George disegna ed è bravo. Fa caricature sin da quando aveva i calzoni corti, si è fatto le ossa in provincia (palestra perfetta per chi, con la matita, deve sbeffeggiare manie e vezzi) e guarda le strade affollate del centro con una curiosità famelica. Ma sente che troverà la nota giusta per raccontare quel mondo: i locali pieni di ballerine e di ricchi borghesi avidi di piaceri, i pittori di strada, dal tratto marcato, la coloritura bohémienne della città, la moda stravagante e, soprattutto, la grafica, il proliferare di cartelloni, affiche, giornali, riviste.
La vita e l’opera di Sem (amico di Boldini e per questo tra i protagonisti della mostra di Forlì, con alcune caricature e con il ritratto che gli fece il ferrarese) sembrano dirette verso un approdo nitido, chiaro. Simile a quello di altri suoi colleghi caricaturisti che hanno raccontato un’altra Belle Époque.
Torniamo a Parigi, a GeorgeSem. Lo possiamo quasi vedere mentre si ferma, siede in un locale