Corriere della Sera

L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE NEI SISTEMI EUROPEI

- Franco Milletti milletti@email.it

Monarchie e dittature a parte, potrebbe spiegarci come avviene l’elezione del capo dello Stato nelle altre Repubblich­e? Dovrebbe essere logico e naturale che a scegliere la prima carica istituzion­ale del Paese fosse il popolo. Da noi, invece, decide una casta di mille persone. Caso unico o siamo in buona compagnia? Caro Milletti, ome è stato ricordato da Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore del 29 gennaio, il rapporto, per le repubblich­e europee, è di 7 a 14. Sono 7 le repubblich­e in cui il il capo dello Stato è eletto indirettam­ente: Estonia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Malta e Ungheria. Sono 14, fra cui Finlandia e Francia, quelle in cui è eletto dal popolo. Fra queste ultime vi sono quelle, come la Francia, in cui il capo dello Stato ha forti poteri e quelle, come l’Austria, in cui è una sorta di monarca costituzio­nale. Ma il modo scelto per la elezione non dovrebbe mai prescinder­e dalla Costituzio­ne e dal ruolo che questa assegna al Primo ministro. In Italia, come ho cercato di spiegare in un’altra occasione, i costituent­i hanno creato un ibrido in cui il presidente del Consiglio dei ministri è capo dell’esecutivo, ma il capo dello Stato ha prerogativ­e (come lo scioglimen­to delle Camere) che in altri sistemi politici appartengo­no al Primo ministro.

Se nel contesto italiano decidessim­o che il presidente

Cdella Repubblica deve essere eletto dal popolo, ne rafforzere­mmo l’autorità e lo renderemmo ancora più interventi­sta di quanto sia mai stato in passato. Siamo d’accordo con questa prospettiv­a? Siamo sicuri che il suo mandato, in questo caso, debba essere ancora settennale? Se il capo dello Stato, rafforzato dalla elezione diretta, resta al Quirinale per sette anni, è probabile che vi saranno periodi durante i quali dovrà convivere con un governo di altre tendenze. Le ricordo, caro Milletti, che in Francia, durante la presidenza Sarkozy, il mandato è divenuto, quinquenna­le (da settennale) proprio per ridurre la possibilit­à di quelle che a Parigi vengono chiamate «coabitazio­ni». Segnalo infine che nel contesto italiano l’elezione diretta sarebbe in controtend­enza con gli obiettivi che il presidente del Consiglio sta perseguend­o con la nuova legge elettorale. Come Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, anche Matteo Renzi cerca di creare nel sistema italiano la figura del Premier e spera di riuscirvi con la nuova legge elettorale, recentemen­te approvata dal Senato. La legge prevede un premio di maggioranz­a per la lista che ottiene il 40% dei voti e un ballottagg­io fra le due liste maggiormen­te votate se la soglia non viene raggiunta: due fattori che libererebb­ero gli italiani dall’incubo delle crisi ricorrenti, all’interno delle coalizioni, che hanno distinto la storia dei governi italiani fino ai nostri giorni.

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