Le parole di un congedo
uesta è l’ultima volta che Il dubbio compare su queste colonne. Non è la solita rubrica, ma un congedo. Lascio il Corriere, dopo 48 anni, non di mia iniziativa, tanto meno per ragioni politiche, ma spinto fuori da una gestione del personale che non sa distinguere fra un grande giornale e una fabbrica di auto. Con l’uscita dalla direzione di Ferruccio de Bortoli — un amico e anche lui un vecchio del Corriere — la prospettiva non mi pare incoraggiante. Ringrazio gli editori Diego Della Valle e Giovanni Bazoli che mi hanno espresso il loro rammarico per quanto sta accadendo.
Quando, anni fa, ero entrato in via Solferino, il Corriere era un prodotto industriale confezionato da artigiani di qualità; era un grande giornale perché fatto da grandi giornalisti. Che non erano fungibili — nel senso che l’uno valesse l’altro come operai di una fabbrica — bensì la condizione della sua alta qualità. Vigeva allora al Corriere una rigorosa gerarchia di valori che la proprietà riconosceva e garantiva. Non si sarebbe liberata di una firma storica; un giornalista non avrebbe lasciato via Solferino per andare altrove. In un’economia di mercato, in un rapporto di lavoro è naturale che ciascuno faccia i propri interessi. Lo fanno gli editori; lo fanno i giornalisti, tutelando la propria professionalità e indipendenza. Io, rifiutando condizioni che mi sono state offerte in modo ultimativo, volgare e offensivo, come mai sarebbe accaduto al Corriere di una volta, faccio i miei, andandomene da uomo libero.
In questi anni, il Corriere mi ha dato molto e io credo di aver dato molto al Corriere. Ho goduto, sempre, di libertà e indipendenza. I lettori mi hanno seguito, apprezzandomi, da quando ero a Mosca e a Pechino come corrispondente; poi, da direttore, quando ho riportato il Corriere nell’alveo della sua migliore tradizione; infine come editorialista. Li ringrazio. Che dire ancora? Ciò che, una volta, si diceva sotto il profilo politico — «non si abbandona il Pci come si abbandona il Partito liberale» — vale, sotto il profilo giornalistico, anche per il Corriere. Chi ci è stato, rimane corrierista tutta la vita. Lo sono rimasti gli amici che hanno fondato e lavorato al Giornale, dove sono ora accolto con calore. E dove continuerò a scrivere con la stessa libertà di quando ero al Corriere. ( f. de b.) Auguro all’amico di una vita Piero Ostellino una nuova e feconda stagione professionale. Sono sicuro che continuerà ad essere un originale e libero pensatore come lo è stato in tanti anni al Corriere.