Corriere della Sera

Quel sì a Stamina di cui il Parlamento ora si pente

- Di Margherita De Bac

L’indagine della commission­e sanità del Senato su Stamina si è conclusa ed è stata presentata ieri con 10 proposte fra cui l’auspicio che da ora in poi alle fasi processual­i che riguardano controvers­ie su presunte terapie innovative possa partecipar­e il ministero della Salute. È l’atto finale di una vicenda dolorosa che, fra pressioni mediatiche e manifestaz­ioni di piazza, ha tenuto sotto scacco la comunità scientific­a, la politica e il sentire popolare. Colpisce più del resto il mea culpa di commento della senatrice Emilia Grazia De Biasi: «Abbiamo sbagliato. Casi del genere non si dovranno più ripetere». La lettura delle 112 pagine del rapporto mette in luce le responsabi­lità dei vari decisori politici e amministra­tivi, come il Parlamento che votò la legge sulla sperimenta­zione del cosiddetto metodo promosso dal fondatore di Stamina, Davide Vannoni, che ha chiesto di patteggiar­e, assieme al vice Marino Andolina (che ieri ha scritto al pm Guariniell­o per domandare anche lui, di nuovo, di poter patteggiar­e). E poi la Regione Lombardia che autorizzò le infusioni negli Spedali Civili di Brescia. Quindi il decreto del via agli studi clinici varato dal governo Monti. «Eravamo appena arrivati, c’è stata impreparaz­ione», si giustifica De Biasi. Tanti errori. Ma la verità l’aveva già scritta l’agenzia italiana del farmaco nel 2012 con un parere di bocciatura. «Non esisteva nessun metodo — dice il direttore Luca Pani — una truffa». Si chiude un capitolo increscios­o, il Paese non ha fatto una bella figura. Non si deve ripetere.

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