Corriere della Sera

CAPITALE E LAVORO RICOMINCIA­MO DAL MODELLO ALBA

In molte fabbriche della grande provincia italiana sono già alleati, se non addirittur­a complici. Le parole pronunciat­e da Giovanni Ferrero ai funerali del padre Michele non devono rimanere inascoltat­e

- Di Dario Di Vico

Speriamo che le parole con le quali Giovanni Ferrero ieri ha salutato per l’ultima volta suo padre non rimangano inascoltat­e. Quel richiamo a un patto tra capitale e lavoro, pronunciat­o in un’occasione così solenne, è un messaggio che non va cestinato. Capitale e lavoro in molte fabbriche della grande provincia italiana sono già alleati, se non addirittur­a complici. Hanno capito che nell’epoca globale il contrasto di interessi che li divide è più «corto» di quello che separa l’impresa dal credito, l’economia reale dalla finanza-avvoltoio, il cittadino-contribuen­te dallo Stato-sprecone, l’elettore italiano dai bizantinis­mi di Bruxelles. Questa consapevol­ezza ha fatto sì che negli ultimi anni in fabbrica si firmassero centinaia di contratti integrativ­i à la Ferrero con welfare aziendale, legame produttivi­tà-salari, polivalenz­a profession­ale e banca delle ore per affrontare le fluttuazio­ni del ciclo produttivo. Molto spesso questi accordi non vengono inviati a Roma per timore che qualche burocrate si munisca dell’evidenziat­ore giallo e scomunichi i reprobi della periferia.

Quando si è tentato, in via simbolica, di estendere la complicità alle manifestaz­ioni del Primo Maggio con interventi degli imprendito­ri dai palchi sindacali di Treviso e Bologna un paio di anni fa non è andata bene. Ed è finita lì. E continuiam­o ad agire secondo un doppio registro di relazioni industrial­i, quello vero (e pragmatico) applicato in molte fabbriche e quello urlato che serve non più a orientare i lavoratori ma a muovere l’audience dei talk show.

Intanto nel Paese reale un nuovo soggetto si è conquistat­o spazio e onore per la qualità delle sue prestazion­i: il fornitore-artigiano. Che ci appare come un centauro, metà capitale e metà lavoro. I successi di tutte le nostre multinazio­nali tascabili si spiegano con il talento di un imprendito­re e sempre di più anche con la competitiv­ità di filiere che tutto il mondo ci invidia. In un paio di casi, in Toscana e in Veneto, è accaduto che l’impresa-madre per stabilizza­re il rapporto con i fornitori e dar loro sicurezza si sia recata in banca per chiedere agli istituti di credito di applicare a quelle Pmi lo stesso suo rating.

È questo l’universo delle relazioni tra impresa e lavoro di cui parlano i Ferrero, e proprio per questo motivo l’appello di Giovanni porta a chiederci se non si possa fare di più. Se a partire da quel funerale e dallo straordina­rio omaggio di popolo a un imprendito­re di successo non si possa cambiar marcia alla stanca discussion­e sul ruolo dei corpi intermedi dell’Italia 2015. È vero che i Ferrero, parlando di lavoro, non l’hanno mai inteso e non lo intendono tantomeno oggi come sinonimo di sindacato. Per loro è stata sempre centrale la relazione con la persona e non la funzione di rappresent­anza. Non a caso Giovanni ci ha tenuto a dire come suo padre non fosse un illuminist­a, non fosse stato influenzat­o nella sua esperienza di capitalist­a sociale dalle «utopie olivettian­e». Niente patto dei produttori, quindi, con annessa ipotesi di supplire alle carenze della politica — come è stato più volte teorizzato — ma un riallaccia­rsi a una tradizione largamente diffusa nelle company town d’Italia, le tante Schio o Valdagno.

Cambiar marcia al dibattito sui corpi intermedi vuol dire in prima battuta chiedere alle organizzaz­ioni dell’industria, alle associazio­ni dell’artigianat­o e del commercio, ai centri di elaborazio­ni sindacali di lasciar da parte l’abitudine di confeziona­re dossier mirati a dimostrare «a prescinder­e» la bontà delle loro posizioni e a strappare un titolo di giornale la domenica mattina o uno strillo nei tg della sera. C’è bisogno di riprendere il lavoro di scavo sui mutamenti che la crisi ha indotto nella società italiana, c’è necessità di portare alle luce vuoi le novità positive vuoi le contraddiz­ioni che si sono create (gli incidenti sul lavoro in edilizia riguardano sempre più spesso muratori anziani, addirittur­a over 70), c’è urgenza di dare nuovo respiro al dibattito di politica sociale. Ricomincia­mo da Alba.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy