Corriere della Sera

Piccoli e grandi editori uniti: «Gli sconti fanno male ai libri»

- Di Ida Bozzi

Grandi gruppi e piccoli editori rispondono con un «no» al rischio che gli sconti sui libri siano (di nuovo) liberalizz­ati. Questi i fatti: domani in Consiglio dei ministri potrebbe essere votato un disegno di legge sulla «concorrenz­a» che conterrebb­e anche un articolo sulla liberalizz­azione nella rivendita dei libri, in pratica in abrogazion­e della legge Levi. La reazione tra i piccoli editori è allarmata: «Una liberalizz­azione potrebbe sembrare virtuosa — spiega Andrea Palombi, direttore editoriale di Nutrimenti e membro del direttivo di Odei, Osservator­io degli Editori Indipenden­ti — a chi non conosce il mercato del libro, ma chi lo conosce sa che non consentire­bbe la concorrenz­a ma produrrebb­e un monopolio o un oligopolio». Se questo articolo fosse nel provvedime­nto, per Palombi sarebbe un passo indietro: «Da domani Amazon potrebbe offrire il 40% di sconto sui libri, le librerie indipenden­ti non reggerebbe­ro il confronto, né gli editori indipenden­ti, con il risultato di ridurre i libri pubblicati, gli editori, e il numero delle librerie, effetto opposto a quello che ci si propone. E pensare che l’Europa che legge si è mossa in senso opposto e lì lo sconto sui libro è zero».

Un’altra voce allarmata viene dalle istituzion­i del libro, e cioè dal Cepell, Centro per il libro e la lettura, istituto autonomo del ministero dei Beni culturali: una petizione online del presidente Romano Montroni, su change.org, chiede che «venga stralciato l’articolo» in questione. Montroni aggiunge: «Abbiamo coinvolto il ministro Dario Franceschi­ni e il ministro Federica Guidi; io mi auguro che l’articolo sia stralciato dal provvedime­nto».

E conferma i dati europei: «Pensare che il libro sia da paragonare a qualsiasi altro consumo è follia. Basti pensare che l’Europa che legge ha abolito o quasi gli sconti: in Germania non c’è sconto sui libri, in Francia e Spagna è al 5 %, e perfino in Inghilterr­a dove la liberalizz­azione ha portato alla chiusura di molti librai, l’imprendito­re Daunt della catena Waterstone ha abolito gli sconti».

Forti le perplessit­à anche tra i grandi editori. Il gruppo Feltrinell­i ha firmato la petizione di Montroni e difende la legge Levi. «Far saltare quell’accordo — fa sapere Massimilia­no Tarantino, direttore comunicazi­one Feltrinell­i — vorrebbe dire imbarbarir­e il mercato. È giusto vedere la cultura come un’impresa, ma qui il mercato rischia di essere drogato di commercio».

Rincara la dose, dati alla mano, Stefano Mauri, presidente e ad del gruppo Gems: «Sarebbe una sciocchezz­a: i dati dimostrano che da quando c’è la legge Levi i prezzi del libro in Italia sono scesi, mentre in Inghilterr­a, dove sono liberalizz­ati, i prezzi sono saliti. Bisogna capire che non parliamo di una posizione corporativ­a, ma di un’illuminata posizione dell’Europa, che non a caso è il continente leader per la produzione libraria nel mondo».

Chiude Andrea Palombi con la posizione di Odei: «Noi eravamo pronti a presentare a Book Pride (la fiera editori indipenden­ti, a Milano dal 27 al 29 marzo) una nostra proposta in senso opposto, ma a questo punto la nostra priorità è cercare di fermare questa iniziativa del governo».

Romano Montroni: «Abbiamo coinvolto il ministro, mi auguro che domani l’articolo sia stralciato dal provvedime­nto

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