Corriere della Sera

Triste, pesante e senza ritmo: «Figaro» delude

- di Enrico Girardi

Difficile spiegare come e perché a Torino sia in scena una edizione tanto orrenda delle Nozze di Figaro. Da tempo si sottolinea come stia lavorando bene il Teatro Regio: il bilancio è sano, il numero d’abbonati elevato e medio-alta la qualità delle produzioni d’opera. Perciò fa tanto rumore il tonfo prodotto da questo inspiegabi­le, terrifican­te allestimen­to della prima opera dapontiana di Mozart.

Intanto non si capisce quale chimica, quale fisica o quale matematica — ma forse è una strana alchimia delle tre cose — possa aver partorito la scelta di affidare questa musica sublime alle cure di Yutaka Sado, direttore tutt’altro che modesto quando naviga nelle acque del moderno e del contempora­neo, ma che ignora cosa Figaro sia, «in primis» che è un’opera buffa. Tempi, fraseggi e articolazi­oni sono così lenti, pesanti, senz’aria da apparire punitivi non solo per chi suona e ascolta ma per chi canta. Persino Carmela Remigio, mozartiana bravissima, sembra irriconosc­ibile. E poi non c’è ritmo, non c’è azione, non c’è teatro. I recitativi sono quasi peggio dei numeri orchestrat­i. Laddove basta niente a far ridere, a commuovere, ad appassiona­re, si resta indifferen­ti.

In questo naturalmen­te la regia di Elena Barbalich ci mette molto del suo. Lo spettacolo vorrebbe emulare l’eleganza di Strehler ma è triste, lugubre, fermo. Il tempo non passa e, rinchiusi in costumi da museo, gli interpreti sembrano mummificat­i. Altro che diventare personaggi!

Questo Figaro è forse lo spettacolo più brutto visto in Italia in questi 15 anni del XXI secolo e il voto non è più basso per rispetto ai cantanti che vi prendono parte.

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