Mancini ordina: una notte da Inter
«Sarà battaglia, quella col Celtic è una sfida dalle atmosfere speciali»
GLASGOW È la storia che si rincorre. L’Inter torna a Celtic Park dopo 43 anni. L’ultima volta era accaduto il 19 aprile 1972, 0-0 ai supplementari, come a San Siro, rigori di Mazzola, Facchetti, Frustalupi, Pellizzaro e Jair, tutti implacabili, 5-4 per i nerazzurri e qualificazione alla finale di Coppa dei campioni, persa con l’Ajax a Rotterdam. Qui si respira la storia, come ha ricordato anche Mancini, «qualcosa che da noi si è un po’ perso», ma i ricordi degli scozzesi hanno un’altra data: 25 maggio 1967, finale di Coppa dei campioni, 2-1 per il Celtic allo stadio da Luz di Lisbona (rigore di Mazzola, poi Gemmell e Chalmers) e inizio della fine della Grande Inter (una settimana dopo la caduta di Mantova), perché tutto finisce e anche un mago può sbagliare. Quella era ancora un’Inter con un bel futuro, ma esausta, che avrebbe avuto soltanto bisogno di rigenerarsi nel riposo attivo, come voleva Picchi e non di continui allenamenti, come aveva preteso Herrera, che poi ebbe la pazzesca idea di cedere a giugno il capitano e Guarneri.
«Ricreare lo spirito del 67» hanno scritto su un grande cartello sistemato sul muro di Celtic Park, dietro alla statua dedicata a Jock Stein, lo stratega di Lisbona, morto in panchina a 63 anni il 10 settembre 1985 mentre era c.t. della Scozia. Il Celtic stasera ricorderà quella finale con un incontro fra i protagonisti di Lisbona: Corso e Bedin rappresenteranno l’Inter; Suarez, come nel 1967, ha dato forfeit per infortunio; Massimo Moratti, che vent’anni fa esordiva a San Siro da azionista di maggioranza dell’Inter, ormai guarda il mondo con distacco.
«E’ la storia che ci deve spingere», ha raccontato Ronny Deila, il tecnico norvegese del Celtic (sempre vincente nel 2015), che nel 2012 era andato a scuola da Mancini, mentre allenava il Manchester City, per capire e migliorarsi, «scoprendo un grande tecnico e un eccellente organizzatore». Mancini farà bene a diffidare degli amici, perché sono i più temibili ed è il primo a sapere che stasera «la partita sarà molto difficile; ci aspetta una battaglia, contro una squadra che gioca molto bene, con un calcio diverso da quello della tradizione scozzese e una situazione differente da quella del campionato. Sono orgoglioso di essere l’allenatore dell’Inter e felice di giocare una partita come questa, in uno stadio pieno e con un’atmosfera speciale, che aiuterà loro, ma che può dare un aiuto anche a noi. E sarò ancora più contento se alla fine ci saremo qualificati noi, perché questo è l’obiettivo ve- ro, da raggiungere nelle due partite. Spero che questa sia la nostra notte».
Torna Icardi, che oggi compie 22 anni e si è ripreso dal virus intestinale che gli ha fatto saltare Bergamo e perdere tre chili; c’è molta attesa intorno a Kovacic, non più titolare con Napoli, Palermo e Atalanta. Qualcosa Mancini cambierà, ma con giudizio, perché la squadra sta viaggiando spedita, anche se è presto per far suonare le trombe. C’è tanta voglia di vincere questa coppa, ma Mancini ha chiarito che «a tutti piacerebbe arrivare in fondo, ma la strada è lunghissima». E ci sono squadre più forti.