Corriere della Sera

«Io sono intelligen­te non posso essere razzista

- Daniele Dallera

Arrigo Sacchi, più arrabbiato o più depresso? Qual è lo stato d’animo? «Né l’uno, né l’altro». Ma come, le danno del razzista per aver detto «troppi giovani di colore nei settori giovanili» e lei non ci resta male?

«Le spiego: sono stupito. E molto anche. La mia storia, il mio presente, parlano per me. Come si fa a descriverm­i come un razzista. Ho allenato per trent’anni, a ogni livello, e non ho mai fatto distinzion­i di pelle. Sa quando abbiamo litigato il Milan e io? Quando io volevo ingaggiare Rijkaard e la società puntava a Borghi. Rijkaard è di colore, però mai e poi mai ci siamo messi a parlare di bianchi o neri, ma di gioco, di talento, di adattabili­tà alle mie idee. E io ho preso Rijkaard e non Borghi. Credo che i fatti mi abbiano dato ragione. E poi io non ho mai detto “troppi giovani di colore”. Ho commesso un’imprudenza, lo ammetto, ma in un discorso più ampio che riguardava i settori giovanili ho accennato a “tanti giocatori stranieri, tanti giocatori di colore”. Una frase che è stata strumental­izzata, fino all’accusa di razzismo».

Sepp Blatter l’attacca, in un tweet scrive: «Sacchi la smetta». Fabio Capello la difende: «Sacchi non voleva parlare di colore della pelle, ma di troppi stranieri nel calcio italiano. Macché razzismo».

«Ringrazio Fabio. Negli attacchi alla mia persona, alla mia cultura, riscontro un moralismo, un populismo, un opportunis­mo vigliacco. O pensano che io sia impazzito e mi metta a fare discorsi razzisti, oppure vogliono cercare una vetrina, ribadisco, ricca di demagogia e populista».

Ma qual è il suo pensiero rispetto al calcio italiano, alla ricerca del talento?

«Partiamo dal peccato originale. Il calcio italiano è esageratam­ente orientato all’ingaggio dello straniero. Come si dice? Il troppo stroppia. Non abbiamo un orgoglio Italia. Mi viene in mente il Real Madrid dove ho lavorato: lì i tifosi, la società, il movimento spagnolo Coppia Un abbraccio di Frank Rijkaard al suo allenatore Arrigo Sacchi a fine partita. Erano i tempi in cui il Milan dettava legge sui campi di tutta Europa e del mondo privilegia­vano il giovane calciatore che arrivava dalla cosiddetta “cantera”, il giocatore spagnolo provenient­e dal settore giovanile. Da noi invece la tendenza è diversa: si va sullo straniero, cercandolo in ogni parte del mondo. Se va bene, ok, se invece il ragazzo si perde, lo si abbandona, creando degli infelici. I ragazzi non sono per nulla tutelati. Questo è ciò che penso, il colore della pelle non c’entra proprio niente».

Anche il sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio Delrio l’ha criticata.

«Sono convinto che se avesse sentito la registrazi­one integrale non l’avrebbe fatto».

Cercherà di chiarirsi con Graziano Delrio?

«Se desidera delle spiegazion­i, sono pronto, certo non vado io a cercarlo».

Matteo Salvini, segretario della Lega, ha apprezzato le sue parole.

«Mi attaccano da sinistra, mi difendono da destra, io che

«No, il calcio mi piace sempre, sono un innamorato di questo sport. È l’ambiente che mi sta deludendo. Per quattro anni ho diretto il settore giovanile della Federcalci­o, preferendo il contatto, il lavoro con i ragazzi, ad altre proposte, al ritorno su panchine prestigios­e, proprio perché sarei stato lontano dal calcio business. Questo sì, non mi va giù».

Come lavora il nostro calcio sui giovani?

«Stiamo vivendo un periodo delicato, di difficoltà. Il calcio è spesso lo specchio del Paese. Riscontro nel calcio italiano un sentimento dominante, di pessimismo, e quando si è pessimisti è difficile essere creativi, avere pazienza, proprio quello che occorre lavorando sui giovani. Il talento ha bisogno di un programma a lunga scadenza. Se si vuole vincere, e subito per giunta, si cercano scorciatoi­e. Io nel mio operare sui giovani prima di tutto dicevo: cerchiamo il talento, sogniamo il campione, ma prima di tutto costruiamo l’uomo. Si capisce perché non posso essere razzista... Ho sempre pensato che il razzista sia un limitato. Scusatemi, io forse sono un po’ presuntuos­o...». Perché? «Perché credo di essere intelligen­te. Ciò che non è un razzista».

Io e il Milan abbiamo litigato quando volevo ingaggiare Rijkaard e la società Borghi. Non ho mai parlato di bianco o di nero La mia frase è stata usata in modo strumental­e fino all’accusa di razzismo. O pensano che io sia impazzito, oppure vogliono una vetrina

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