L’Italia all’Onu: pronti a ruolo guida
Allerta difesa aerea. L’Eni fa rientrare il personale
L’Eni
ROMA Non vogliamo «avventure e tantomeno crociate», ma «chiediamo alla comunità diplomatica di aumentare gli sforzi. Dire che siamo in prima fila» nella lotta al terrorismo significa «quello che stiamo facendo nella coalizione anti Daesh in Siria e in Iraq, è il modo in cui un Paese democratico risponde alla barbarie, e lo fa in amicizia con la stragrande maggioranza della comunità islamica che rifiuta di veder sequestrata la propria fede».
Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha fissato in questo modo, riferendo in Parlamento, la linea italiana di fronte alla crisi libica. Per il governo non sono utili accelerazioni, azioni militari senza una precisa cornice internazionale, deve comunque prima di tutto, prima di discutere di qualsiasi tipo di missione, essere ristabilito un minimo di unità nazionale nel Paese che fu governato da Gheddafi. Poche ore dopo durante la riunione del Consiglio di Sicurezza l’ambasciatore italiano all’Onu, Sebastiano Cardi, ha detto: «L’Italia è determinata a contribuire alla stabilizzazione della Libia attraverso il dialogo ed è pronta ad assumere un ruolo guida nella cornice dell’iniziativa delle Nazioni Unite». Il nostro rappresentante ha ribadito la condanna per l’assassinio dei ventuno copti. «Siamo anche pronti — ha continuato Cardi — a curare le ferite della guerra e a riprendere il programma di cooperazione con la Libia: la popolazione civile deve poter toccare con mano i vantaggi della riconciliazione auspicata dalla comunità internazionale».
Gli occhi delle principali Cancellerie europee erano Il discorso Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ieri, a Montecitorio, riferisce sulla situazione in Libia. Per il governo non sono utili azioni militari senza una precisa cornice internazionale ( Lapresse) puntati su New York: spetta infatti all’Onu cercare di rilanciare lo sforzo diplomatico per un salto di qualità nei negoziati fra le varie fazioni che governano e si dividono la Libia. «Mentre siamo in prima fila contro il terrorismo, chiediamo alla comunità di moltiplicare gli sforzi per stabilizzare la Libia», ha ribadito ieri Gentiloni, intervenendo sia alla Camera che al Senato.
Mentre Roberta Pinotti, ministro della Difesa, ha ricostruito la decisione di chiudere la nostra rappresentanza diplomatica in Libia: «Per mesi siamo stati gli unici a tenere aperta l’ambasciata, quando gli altri Paesi l’avevano già chiusa. L’abbiamo fatto perché avevamo rapporti importanti con i libici e c’è un sentimento di rispetto verso l’Italia. L’abbiamo chiusa in un momento in cui i rischi si sono elevati al punto che una presenza non era più utile, ma rendeva più pericoloso il lavoro dell’Italia: poteva diventare un bersaglio».
Nel salto politico dei negoziati che l’Onu sta cercando si discute anche di un nuova figura di mediatore per conto delle Nazioni Unite. Finora lo spagnolo Bernardino León ha ottenuto risultati insufficienti.
Roberta Pinotti, rispondendo ad una domanda di Repubblica. ha detto ieri che l’ex premier Romano Prodi «conosce bene la situazione libica ed è una persona che per l’esperienza politica che ha avuto conosce perfettamente l’Africa e ha avuto rapporti con la Cina e la Russia. Potrebbe sicuramente essere utile e centrale. Appoggiamo León ma c’è la necessità e siamo consapevoli che si debba salire di livello», anche se «le scelte degli uomini saranno condivise», ovviamente in sede internazionale. La Pinotti in un tweet aggiunge: «Prodi figura importante, ma il governo si muove con efficacia e autorevolezza sul piano internazionale». Un concetto che sembra riprendere anche Massimo D’Alema: «Prodi è uomo di prestigio, ma un inviato dell’Onu c’è e noi abbiamo in dovere di sostenerlo».
Ma su un suo presunto coinvolgimento, o sul fatto che Palazzo Chigi abbia già potuto chiedergli una disponibilità, ieri è intervenuto lo stesso Prodi, dicendo di non «aver mai ricevuto alcun accenno alla Libia né dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, né da nessuno dei suoi collaboratori». Poco prima che iniziasse la sessione dedicata alla Libia al Palazzo di Vetro, l’Egitto ha chiesto la revoca dell’embargo delle armi al governo libico di Tobruk ed ha rinunciato a chiedere alle Nazioni Unite una missione militare contro i jihadisti. Lo ha precisato il ministero egiziano degli Esteri. Nella bozza di risoluzione che i Paesi arabi presenteranno tramite la Giordania (membro non permanente del Consiglio di Sicurezza) «non c’è alcuna richiesta di intervento militare straniero», precisa il comunicato del ministro.
La carta Prodi L’ipotesi di un ruolo per Prodi nella crisi D’Alema: un negoziatore esiste già Mentre siamo in prima fila contro il terrorismo, chiediamo alla comunità internazionale di moltiplicare gli sforzi per stabilizzare la Libia Quello che stiamo facendo nella coalizione anti Isis in Siria e in Iraq, è il modo in cui un Paese democratico risponde alla barbarie