La deriva di Atene (e quella tedesca) che ci minacciano
Ilnegoziato fra Atene e Bruxelles non è solo una questione di prestiti e scadenze. È un vero e proprio nodo gordiano che rischia di strangolare la politica europea nei mesi a venire. I Paesi del Nord, Germania in testa, sono contrari a modificare gli accordi vigenti: pacta sunt servanda. Il governo Tsipras ribatte che nessun patto può ridurre alla fame milioni di persone. Intanto la fiducia fra i popoli europei cola a picco.
Le vignette sui media resuscitano orribili spettri del passato (come le insegne naziste) che speravamo sepolti per sempre. È vero: la Grecia ha truccato i conti, ha chiesto e ricevuto aiuti finanziari in cambio di precisi impegni, mantenuti solo in parte (ad esempio sui fronti della corruzione e della evasione). È giusto rimproverare la classe politica ellenica, anche per rispetto verso i leader e i cittadini di altri Paesi che non si sono sottratti ai sacrifici. Ma nel nostro mondo imperfetto le colpe non stanno mai da una parte sola. Molti soggetti privati (ad esempio le banche) e alcuni governi hanno tratto massicci vantaggi, non sempre immacolati, dalla crisi greca e oggi fanno a gara per scagliare le prime pietre.
Il vero problema è questo: non è possibile ricostruire con precisione chi ha vinto e chi ha perso dalla creazione dell’euro in avanti e soprattutto durante la crisi. Il saldo varia a seconda del punto di riferimento: il cambio irrevocabile, l’inflazione, i tassi d’interesse, i trasferimenti finanziari e così via. La «verità» si nasconde dietro un groviglio quasi indecifrabile di flussi. Solo la politica può tagliare il nodo, tramite un accordo complessivo che possa essere considerato equo da tutti.
Del resto non fu proprio così che ebbe origine il progetto europeo? La logica ispiratrice fu quella della riconciliazione fra nemici desiderosi di prendersi per mano e lasciarsi alle spalle i risentimenti del passato. La filosofa Hanna Arendt parlò in quegli anni di «perdono e promesse»: é cio che fecero uomini come De Gasperi, Adenauer, Schumann.
I venti di guerra si stanno purtroppo risollevando ai confini della Ue. Non ha senso cavalcare i nazionalismi, mettere di nuovo i popoli europei l’uno contro l’altro. L’irresponsabile cicala greca chiede sei mesi di tempo e un prestito ponte. La formica tedesca è tentata di rispondere come gendarme delle regole e dell’austerità. Speriamo che alla fine decida invece come Paese leader, motore e custode di un’autentica «ragion d’Europa», di cui abbiamo ora più bisogno che mai.