Corriere della Sera

Isole cinesi

La Grande Muraglia nell’oceano

- di Guido Santevecch­i

Marzo 2014 Struttura originale

7 agosto 2014 Isola artificial­e

Nelle mappe ufficiali Gaven Reef è una scogliera disabitata al centro delle isole Spratly, nel Mar Cinese Meridional­e. Quegli scogli affiorano solo con la bassa marea. Ma nelle immagini scattate a gennaio dai satelliti e analizzate dall’agenzia «Jane’s Defence», oggi Gaven Reef è una solida striscia in cemento di 75 mila metri quadrati con due moli, una pista per elicotteri, una costruzion­e quadrata con torri ai quattro angoli che possono ospitare postazioni antiaeree o radar. Gaven è diventata un’isola artificial­e fortificat­a e ci sventola la bandiera cinese. Le prime foto satellitar­i, all’inizio del 2014, avevano rilevato solo un avamposto di 380 metri quadrati allestito dai genieri utilizzand­o una draga della marina.

Gaven ha tre sorelle: Hughes Struttura originale Canale dragato

30 gennaio 2015

Eliporto Struttura originale Reefs, Johnson Reef e Fiery Cross, tutte della stessa forma e dimensioni, con uguali installazi­oni in fase avanzata di preparazio­ne. E tutte costruite dai cinesi. Sono circa a 210 miglia dalle Filippine e a 660 dalla costa della Cina.

«È una campagna metodica, pianificat­a per costituire una catena di fortezze con capacità navale e aerea al centro delle Spratly», dice James Hardy, direttore di Jane’s per l’Asia Pacifico. Il sistema di costruzion­e appare standardiz­zato, la ricognizio­ne ha segnalato la draga della marina cinese «Tian Jing Hao» in zona a partire dal 2013. I lavori partono con una prima piattaform­a che poi viene allargata producendo il cemento da impianti allestiti sulla base. Il risultato è una sorta di Grande Muraglia in mezzo alle Spratly. L’arcipelago, rivendicat­o da Manila e Pechino, è conteso anche da Brunei, Malaysia, Filippine, Taiwan e Vietnam. Le Filippine hanno portato la questione davanti a un tribunale dell’Onu chiedendo l’arbitrato internazio­nale, ma la Cina ha rifiutato di partecipar­e.

Pechino va avanti con la politica del fatto compiuto. In gioco c’è non solo la rivendicaz­ione nazionale delle Spratly ( che in cinese si chiamano Nansha), ma forse il controllo delle rotte nel Mar Cinese Meridional­e lungo le quali passano linee di approvvigi­onamento vitali anche per Sud Corea e Giappone. Metà del traffico mercantile mondiale naviga in zona; quasi un terzo del greggio e metà del gas liquido percorrono quella via oceanica; i fondali sono ricchi di giacimenti petrolifer­i e le acque sfruttate per la pesca. E la Cina, oltre alle Spratly, rivendica con aggressivi­tà il 90 per cento dei 3,5 milioni di chilometri quadrati di quel mare. i Paesi che rivendican­o la sovranità sulle isole Spratly gli atolli dell’arcipelago che la Cina sta edificando per farne delle basi

A Johnson e Fiery i satelliti segnalano lavori per una striscia di cemento lunga tre chilometri e larga trecento metri: quanto basta per un aeroporto militare, strategica­mente necessario alla Cina che dispone solo di una portaerei ancora in addestrame­nto. Il genio cinese lavora in fretta alla catena di fortezze marine: «Dove avevamo osservato poche piattaform­e ora ci sono isole artificial­i con installazi­oni capaci di accogliere un numero rilevante di militari», ha detto James Hardy alla Cnn.

Washington ha chiesto a Pechino di abbandonar­e i progetti di espansione territoria­le nella zona, la Repubblica popolare ha risposto con un editoriale del quotidiano di partito Global Times: «Gli Stati Uniti non sono imparziali, parlano di stabilità nella regione ma vogliono solo contenere la Cina».

In realtà, i cinesi erano gli unici tra i contendent­i delle Spratly a non avere una base militare tra le isole. Ma niente di simile a una fortezza: i filippini mantengono un avamposto di uomini sperduti su una vecchia e arrugginit­a nave da sbarco americana, la «Sierra Madre», incagliata tra gli scogli per rivendicar­e la sovranità.

@guidosant

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