Corriere della Sera

La chiarezza dell’Eurotower e i toni formali della Fed

- Di Fabrizio Goria

Le parole sono importanti. Un concetto ben noto alla Federal Reserve che però da ieri è diventato cruciale anche per la Banca centrale europea (Bce). L’istituzion­e guidata da Mario Draghi si è infatti allineata con quella condotta da Janet Yellen non solo per il lancio del «Quantitati­ve easing», ma anche per la pubblicazi­one dei verbali delle riunioni. E il linguaggio semplice, diretto e senza fronzoli della Bce è stato apprezzato dai mercati finanziari.

Verbale contro resoconto. Le differenze fra Fed e Bce iniziano subito, dal nome scelto per la diffusione di quanto detto nei vertici. Per la Yellen si deve usare l’istituzion­ale «verbale», cioè minute, mentre per Draghi va bene l’informale «resoconto» o account. E come spesso accade nell’universo finanziari­o è meglio evitare le ingessatur­e date dalle formalità, che possono essere frutto di interpreta­zioni non corrette da parte degli agenti economici. Ne sa qualcosa la Fed, che due giorni fa ha pubblicato i suoi rapporti e ha innervosit­o gli investitor­i, che si attendevan­o un segnale netto su quando saranno rialzati i tassi d’interesse. Per adesso, la Bce è sembrata più unita di ciò che sembrava. In particolar­e, come ricordano gli analisti di J.P. Morgan, è da apprezzare la totale franchezza nelle negoziazio­ni sull’avvio del Qe: «Sono state dure, ma oneste». Ciò che serviva all’eurozona.

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