L’era del terrorismo 2.0 Pochi (e feroci) sul terreno Ma la vittoria è via web
«guarda» verso l’Italia per dire andiamo oltre l’orizzonte.
L’esecuzione, rilanciata centinaia di volte sul web, ha avuto l’effetto di una vittoria. Anche i distratti si sono accorti che le avanguardie dell’Isis non erano poi così distanti da noi. Merito di un terrorismo 2.0, che ammazza per marcare il territorio ma prima ancora usa con grande padronanza Internet per imporsi sulla scena ricorrendo a ogni piattaforma digitale o social network. Talvolta ben oltre la sua reale consistenza.
Un messaggio su Twitter, meglio se accompagnato da un’immagine, ha l’effetto di una «bomba», anche se non è facile dire quanto sia autentico. Il dubbio non consola, né attenua i timori.
Qualche esperto è convinto che lo Stato Islamico libico abbia ottenuto la consulenza-assistenza dei «fratelli» siriani. Forse hanno mandato una troupe o qualcuno in grado di dare consigli tecnici. Inquadrature, tute arancioni e la divisa mimetica con maschera del nuovo Jihadi John erano identiche a quelle dei video in Siria. Uscita che — al solito — si è poi autoalimentata con le speculazioni sulla nazionalità del boia con l’accento inglese o americano, a seconda delle analisi.
Nel filmato c’erano anche i contenuti politici. La guerra santa, l’uccisione indiscriminata dei cristiani, l’ammonimento a Roma. E in altri documenti i militanti hanno mostrato l’applicazione intransigente della Sharia, con la distruzione di sigarette, alcolici, tamburi. O ancora le azioni suicide dei loro compagni.
È uno show di potenza — vera o presunta — con la quale il movimento si prefigge alcuni obiettivi: spaventa il nemico, compatta le file, cattura nuovi consensi, supera in ferocia Al Qaeda, inserisce la lotta in un disegno globale che deve chiudersi