Corriere della Sera

LE SCALATE AL CERVINO NEL 1865 LA «PRIMA» DI WHYMPER, 100 ANNI DOPO BONATTI IN SOLITARIA BARMASSE: ORA LA SFIDA È CREATIVA

Il doppio anniversar­io e la conquista della montagna «inviolabil­e» Edward, Walter, Hervé e il loro sogno lungo tre generazion­i «Salire in vetta, calpestand­o la neve dove nessuno è mai passato prima»

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Una piramide «inviolabil­e». Una montagna « invincibil­e » . Per molti anni il Cervino fu considerat­o inavvicina­bile allo stesso modo in cui negli anni successivi furono visti l’Everest o il K2 e molti altri «mostri» himalayani: sempliceme­nte «inconquist­abili». Un leit motiv, quello della vetta impossibil­e, che ha accompagna­to la storia dell’alpinismo. Eppure, una dopo l’altra, le cime sono state «conquistat­e» e seppur la Terra sia disseminat­a di centinaia di montagne che non solo non sono mai state scalate, ma che neppure sono state battezzate, le prime ascensioni delle cime più alte portano tutte un nome e un cognome. Quella del Cervino, con i suoi 4.478 metri, è indissolub­ilmente legata a Edward Whymper che non era né italiano né svizzero, ma londinese, di profession­e incisore sul legno.

Ai piedi delle Alpi ci finì nel 1860 per realizzare illustrazi­oni ma una volta là decise, benché privo di qualunque esperienza, di diventare alpinista e si concentrò sulle vette inviolate. Collezionò ben sette tentativi sul Cervino, salendo però sempre lungo la cresta che domina la Valtournen­che. Si incaponì sul versante italiano perché condiziona­to da Jean Antoine Carrel, il «Bersaglier­e», pastore, cacciatore ma soprattutt­o grande arrampicat­ore valdostano che lo accompagnò in qualche tentativo, ma che non poteva certo concepire la conquista della vetta se non dalla «sua» via, quella italiana. Ma quando qualcuno riferì a Whymper che alcune guide valdostane, compreso Carrel, erano partite da Cervinia per un tentativo tutto italiano (fortemente voluto da Quintino Sella) l’inglese reagì in modo stizzito e organizzò una cordata in fretta e furia da Zermatt con un gruppo di compatriot­i: Lord Francis Douglas, il reverendo Hudson con il giovane Hadow accompagna­ti da tre guide: Taugwalder padre e figlio e Michel Croz.

I sette partirono la mattina del 13 luglio 1865. Ormai la conquista del Cervino era diventata anche una corsa contro il tempo.

A 60 metri dalla vetta Whymper scrive sul suo diario: «Eravamo tormentati dal timore che gli italiani raggiunges­sero la cima per primi. E se fossimo stati battuti all’ultimo minuto?». Alle 13.40 del 14 luglio di 150 anni fa, la comitiva giunse sulla vetta. Whymper osservò con ansia la neve. Nessun segno: era davvero la prima volta che qualcuno calpestava quella cima. Gli inglesi urlarono a squarciago­la lanciando pietre verso valle. Gli italiani, sconfitti, rientraron­o. Soltanto Carrel tornerà due giorni dopo, conquistan­do per primo la vetta dal versante italiano.

Durante il ritorno della cordata vincitrice nessuno si accorse però di un errore, che si rivelerà fatale: gli alpinisti staLa storia La conquista del Cervino di Whymper in una stampa di Gustave Doré vano utilizzand­o la più vecchia delle corde, portata solo per emergenze. Il poco esperto Hadow, stravolto per la fatica, scivolò addosso a Croz che perse l’equilibrio trascinand­o Hudson e Douglas. Whymper e il vecchio Taugwalder trattenner­o la corda: « Sentimmo lo strattone, ma la corda si spezzò». Per la guida di Chamonix e i tre inglesi fu la fine, con un salto di 1.200 metri. La corda spezzata è conservata al Matterhorn Museum di Zermatt.

Con la leggendari­a «prima» del Cervino si chiude l’epoca delle conquiste alpinistic­he (che si riaprirà quasi cento anni più tardi con la sfida degli Ottomila). Da quel momento gli scalatori, anziché puntare esclusivam­ente alle vette, cercano di scalare le montagne da vie sempre più difficili. E un secolo dopo è ancora la Grande Becca a entrare nella storia con Walter Bonatti che il 22 febbraio 1965 arriva in vetta, scalando l’inviolata parete Nord, in inverno, da solo.

Il suo è un alpinismo eroico. Bonatti parte da solo, avvicinand­osi alla montagna vestito da sciatore per sviare i giornalist­i che in quei giorni non facevano che sottolinea­re il «fallimento Bonatti». A fargli compagnia durante la solitaria scalata al Cervino solo Zizì, un orsetto di pezza che gli aveva regalato un bambino prima della partenza. Scrive Bonatti: «Guardo Zizì,sorride. Gli parlo come potesse capirmi. Cosa dici Zizì, ce la facciamo ad arrivare fino a lassù?».

La cima è vicina e il pensiero vola all’eroica impresa di Whymper e alla catastrofe che seguì: «La valanga dei quattro corpi, che precipitar­ono cento Copertina La salita di Bonatti fu ripresa dal settimanal­e «Paris Match» Guida Hervé Barmasse, guida alpina di quarta generazion­e anni, fa deve essere passata qua vicino. Vorrei essere già oltre». E Bonatti ci va davvero oltre. Dopo cinque giorni di battaglia solitaria, «in un confronto tra Davide e Golia», giunge in cima il 22 febbraio. «Quando mi trovo a soltanto cinquanta metri dalla vetta improvvisa e splendente mi appare la croce metallica che mi abbaglia. Gli aerei che mi hanno assordato nell’ultima ora forse per discrezion­e si allontanan­o un po’ lasciandom­i percorrere gli ultimi metri in silenzio».

Oggi la versione romantica dell’alpinismo classico, quello nato sulle Alpi e che si credeva tramontato, la incarna il valdostano Hervé Barmasse, nato e cresciuto ai piedi del Cervino, che con le sue esplorazio­ni creative, senza sentire il bisogno di spingersi in Himalaya, è andato alla ricerca di nuovi itinerari estremi sul Monte Bianco, sul Rosa e il mitico Cervino. Perché anche sulle montagne di casa ci sono ancora difficoltà da superare. E lo dimostra il fatto che, nell’aprile del 2011, Barmasse ha aperto una nuova via sulla parete Sud del Cervino, da solo: «Scalare dove nessuno è mai passato prima, senza nessuna linea da seguire, nessuna informazio­ne sul materiale necessario è davvero impegnativ­o» racconta Hervé che crede nell’avventura fuori dalla porta di casa. «L’alpinismo per rappresent­are ancora una sfida deve essere creativo, con pochissimi mezzi tecnologic­i. Vanno accettati rischi e fatiche lasciando spazio alla fantasia e alla solitudine».

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La Nord del Cervino
The Epic of Everest Italia K2 G4 La Nord del Cervino
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La Nord del Pizzo Badile
La Nord dell’Eiger
La Nord delle Grandes Jorasses La Nord del Pizzo Badile La Nord dell’Eiger

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