Corriere della Sera

LA LIBERTÀ DI ESPRESSION­E IL NEGAZIONIS­MO E «CHARLIE HEBDO»

- Alessandro Prandi alessandro.prandi@gmail.com

A proposito dell’approvazio­ne da parte del Senato del disegno di legge che punisce il reato di negazionis­mo, la senatrice a vita Elena Cattaneo ha spiegato la sua decisione di astenersi dal voto dicendo che vietare il negazionis­mo per legge è sbagliato in quanto non è ammissibil­e imporre limiti alla ricerca e allo studio di una teoria. Però la senatrice afferma anche che nessuno storico prenderebb­e sul serio certe teorie. Mi aiuti a capire. Lo storico può sconfessar­le a suon di verifiche, indagini, testimonia­nze, studi e proprio per far questo sarebbe comunque tenuto a prenderle sul serio. Se non altro perché soppesare determinat­e teorie anche negazionis­te costa fatica. Caro Prandi, redo che nella sua osservazio­ne si nasconda un sofisma. Se una teoria è chiarament­e infondata dovremmo forse restare indifferen­ti di fronte alla sua diffusione? In un mondo dove Internet favorisce la circolazio­ne di bugie, calunnie e idee strampalat­e, una teoria falsa e incontesta­ta potrebbe ingannare un certo numero di persone. È giusto quindi che qualche storico perda un po’ del suo tempo per ribadire a una platea di ignari e creduloni che il

Cgenocidio degli ebrei non è, malaugurat­amente, una favola o un esercizio propagandi­stico. Possono esservi marginali discussion­i, come sempre, sull’esatto numero delle vittime, ma la volontà omicida del regime nazista e le spaventose dimensioni del fenomeno sono innegabili.

La senatrice Cattaneo ha ragione, tuttavia, quando lascia intendere qualche dubbio sull’opportunit­à di una legge. Per la verità il disegno approvato negli scorsi giorni dal Senato è diverso da altre norme adottate su questa materia da alcuni Stati europei. Per evitare che la legge persegua un reato di opinione (cito da un resoconto del Sole 24 Ore dell’11 febbraio), «il testo prevede, attraverso un intervento sulla legge Reale, una aggravante di pena di tre anni se la propaganda, la pubblica istigazion­e e il pubblico incitament­o a commettere atti di discrimina­zione razziale si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dallo statuto della Corte penale internazio­nale». Restano, tuttavia, a mio avviso, almeno tre obiezioni. In primo luogo credo che il reato di incitazion­e all’odio razziale non abbia bisogno di essere rafforzato da una bugia (la negazione del genocidio) per essere ancora più grave. In secondo luogo temo che la legge sul negazionis­mo, come il Giorno della Memoria, avrà l’effetto di creare una sorta di gelosa competizio­ne fra massacri e genocidi, tutti desiderosi di sentenze che li rendano maggiormen­te visibili agli occhi della pubblica opinione. In terzo luogo l’introduzio­ne di un tabù, in una società che si proclama liberale, è uno strappo che altri, domani, potrebbero allargare.

Esiste una quarta ragione, più delicata. Il massacro di Charlie Hebdo è stato percepito come un intollerab­ile attentato alla libertà di espression­e. Questa minaccia ha avuto l’effetto di mettere a tacere le critiche di tutti coloro, non soltanto musulmani, per cui molte vignette del giornale satirico francese erano un intollerab­ile insulto alla loro fede. Non era necessario essere credenti o praticanti per pensare che quelle immagini fossero inutilment­e volgari e offensive. Ma in quel momento, di fronte alla ferocia degli attentator­i, abbiamo finito per pensare che il valore da difendere fosse la libertà di espression­e. Oggi, di fronte al negazionis­mo, pensiamo che la libertà di espression­e sia meno importante di altri valori. Come ogni confronto anche questo è imperfetto. Il genocidio ebraico appartiene alla nostra storia recente e ha diritto ad avere nella nostra memoria uno spazio maggiore. Ma anche la libertà di espression­e è un bene da difendere e tutelare. Credo che la scelta della senatrice Cattaneo — l’astensione — meriti di essere compresa e apprezzata.

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