Il segnale della minoranza dem (che arretra)
Saranno cinque o sei i parlamentari che oggi in Aula diranno no: la battaglia si sposta sull’Italicum Lettera aperta di Cuperlo al segretario perché modifichi la riforma. Guerini: ci aspettiamo un voto ampio
La battaglia vera è rinviata, al terzo round in Senato per le Riforme e soprattutto alla legge elettorale. La minoranza del Pd, oggi, si limiterà a dare «un segnale» a Matteo Renzi: saranno pochi — cinque o sei — i parlamentari del Pd che decideranno di non votare, uscendo dall’Aula. Il resto, compreso l’Area riformista della minoranza (che fa capo a Roberto Speranza), oggi alla Camera voterà a favore della riforma del Senato. Il premier si prepara a incassare un altro tassello delle suo percorso per le riforme e, dopo aver visto i parlamentari in un incontro sul fisco, oggi incontrerà i deputati per parlare di Rai (in particolare quelli della Vigilanza) e di scuola: incontro preparatorio, visto che giovedì, in Consiglio dei ministri, affronterà proprio questi due temi.
Renzi va avanti con sicurezza e prova a superare gli ostacoli che ancora si frappongono. Il suo vice Lorenzo Guerini è ottimista: «Sulla riforma ci aspettiamo un voto largo, anche perché sull’impianto c’è sempre stata una convergenza di massima del partito». La minoranza del Pd, incerta fino all’ultimo sull’atteggiamento da tenere, mantiene ferme le critiche alla riforma del Senato, ipotizza la stesura di un documento, ma poi decide di dare il via libera. Lo spiega Davide Zoggia: «Al punto in cui siamo arrivati è difficile non votare la riforma. Sarà un dissenso contenuto. Non la voteremo in cinque o sei: io, D’Attorre e Fassina, tra gli altri. La battaglia si sposta ora sulla legge elettorale».
Una lunga e dibattuta riunione serale — presenti tra gli altri Pierluigi Bersani e Gianni Cuperlo — ha sancito la linea da tenere. Area Riformista (che raggruppa un centinaio di deputati) aveva anticipato la sua linea favorevole al sì con l’intervento in Aula pomeridiano di Andrea Giorgis. Che ha detto sì alle riforme, pur specificando l’auspicio «che nel prossimo passaggio al Senato migliorino le condizioni e che alcune rigidità governo e al segretario Renzi, c’è Pippo Civati. Che appare piuttosto sconcertato dagli atteggiamenti ondivaghi dei colleghi della minoranza: «Decidano, c’è troppa ambiguità. Un giorno Bersani vota a favore, il giorno dopo fa la voce stentorea. Area Riformista non si capisce bene se fa la minoranza o la maggioranza». Una spiegazione la dà Roberto Speranza, di Area Riformista e spesso cerniera con la segreteria, grazie anche al suo ruolo di capogruppo: «Non abbiamo alternativa a stare in questo Pd e in questo governo. Il sistema è bloccato, con Grillo populista, la Lega che ci vuole fuori dall’Europa e Berlusconi che certo non è ben visto dalle cancellerie europee. Il Pd è l’architrave della democrazia e tutto quello che possiamo fare noi è provare a spostare l’asse del partito e del governo, non a farlo saltare».
Restano le spaccature e le polemiche. Come quella che
Zoggia «Dissenso contenuto Al punto in cui siamo arrivati è difficile non votare la legge Boschi»
coinvolge Miguel Gotor. Secondo il renziano Andrea Marcucci, che si riferisce a un intervista al Corriere della Sera, « Gotor dice che Berlusconi non è il diavolo e che le riforme della Costituzione vanno fatte anche con l’opposizione. Se abbiamo contribuito a risolvere il problema che la sinistra ha da 20 anni con Berlusconi siamo soddisfatti». E ancora: «Avversavano così tanto il Patto del Nazareno che l’hanno ricostruito». Replica Gotor: «Marcucci quando supera i 140 caratteri di un tweet diventa Pinocchio. È una bugia dire che la minoranza abbia negato in passato il dialogo con l’opposizione per le riforme».