I contrasti
L’avvicinarsi della scadenza delle elezioni regionali in Veneto ha acuito le distanze tra il governatore uscente Luca Zaia e il segretario della Liga Veneta Flavio Tosi
Il sindaco di Verona rivendica l’autonomia della Liga nella scelta dei candidati e sostiene l’opportunità di presentare una lista civica con il nome di Zaia e una con il suo per catturare elettori anche al di fuori dello schieramento leghista
Il segretario federale Matteo Salvini ha opposto un secco no ai progetti di Tosi e ha preso due provvedimenti che hanno acuito ulteriormente le tensioni: ha commissariato la Liga Veneta e nominato un mediatore nella persona di Gianpaolo Dozzo
Il responsabile organizzativo della Lega, Roberto Calderoli, ha poi dichiarato l’incompatibilità tra la tessera della Lega e quella della fondazione «Ricostruiamo il Paese» creata da Tosi
Il sindaco di Verona ha replicato chiedendo la convocazione del Consiglio federale per ritirare il commissariamento. «In caso contrario — ha detto Tosi — potrei candidarmi»
Il cielo sopra Mantova, il 6 ottobre 2013, è tempestoso. Non abbastanza, però, da tenere a casa i sostenitori di Flavio Tosi, sindaco superstar di Verona e segretario della Liga veneta, che ha convocato nella città dei Gonzaga tutti coloro che condividono la sua scommessa. E cioè, quella che Silvio Berlusconi sia al tramonto e occorra costruire nuove leadership per il centrodestra. Nasce così, di fronte a parecchie migliaia di persone, la Fondazione Ricostruiamo il Paese. Simbolo, un faro giallo.
Flavio Tosi, quel giorno, ha ancora nel taschino della giacca il fazzoletto verde che contrassegna la militanza leghista. E leghisti sono una buona parte dei militanti che affollano il Palabam di Mantova. Tosi comincia a girare tutta Italia per aprire nuovi «Fari», le sedi provinciali. Molti dei quali anche al Sud: il sindaco di Verona non è mai stato un’indipendentista e mai ha accantonato la fascia tricolore. Il suo profilo è assai diverso da quello del leghista ruspante e, del resto, quando scherza lo dice lui stesso: «Sono un democristiano».
L’obiettivo dichiarato di «Ricostruiamo il Paese» sono le primarie del centrodestra, di cui allora, sul finire del 2013, nessuno nemmeno si sognava di parlare: ma il centro della manifestazione mantovana è la presentazione di un programma elettorale. Il finanziamento del movimento è affidato alle donazioni di chi crede nell’impresa, «soltanto attraverso bonifico bancario» specifica Tosi.
Un paio di mesi più tardi, la Fondazione assume un significato politico più specifico. Nell’ufficio del governatore lombardo Roberto Maroni viene infatti stretto il «Patto del Pirellone » , dal soprannome del grattacielo di Giò Ponti che ospita l’ufficio del presidente. I presenti sono lo stesso Maroni, Tosi e Matteo Salvini. Il governatore ha deciso di lasciare la guida della Lega e i tre uomini forti del movimento raggiungono un accordo: Salvini sarà il nuovo segretario, il successore di Maroni, mentre Tosi sarà il candidato premier offerto dalla Lega al centrodestra. Chi non è entusiasta, in quei giorni, sembra proprio lui, lo stesso Tosi. E
Il percorso dal 2013 Deluso dagli altri big sulla gestione partito, Tosi ha rivisto il ruolo di «Ricostruiamo il Paese»
c’è da capirlo: gli accordi interni alla Lega l’hanno già scottato una volta. Quando, nel 2009, si era sancito che sarebbe stato il candidato alle regionali venete. Poi, Bossi decise per Luca Zaia. Così come questa volta, il «botto» politico e mediatico di Salvini ha ribaltato il tavolo.
In ogni caso, Tosi non ha mai rinunciato al suo cantiere politico, ad oggi sono 53 i «fari» accesi in tutta Italia. Inclusi quelli di Napoli e di Salerno, di Potenza e di Matera, di Foggia e di Lecce. Ora, con la richiesta di abiura da parte della Lega, la possibilità che la fondazione possa gemmare le sue liste elettorali è assai concreta. Su scala assai ridotta, è già avvenuto: in Emilia la lista «Ricostruiamo Reggiolo» ha eletto un consigliere comunale.