Corriere della Sera

Sposati all’estero divisi sui giudizi: «Ci dà fiducia» «Non esultiamo»

- Mo.Ri.Sar.

Nessun trionfalis­mo. La voce al telefono di Domenico Pasqua, 56 anni, non emana entusiasmo: «La sentenza — dice — toglie a Pecoraro la possibilit­à di annullare le nozze però, allo stesso tempo, ribadisce che il Comune, non essendoci una legge, non può trascriver­e il matrimonio. Quindi siamo al punto di partenza e non parliamo di quisquilie ma di diritti, di proprietà che vanno in eredità, di figli che non hanno entrambi i genitori riconosciu­ti legalmente». Domenico si considera fortunato perché lui nel 2009 ha sposato un cittadino belga Jef Nuyts e ha potuto così acquisire la doppia cittadinan­za: «Essendo io di sinistra voglio dare a Renzi ancora del tempo ma se entro il 2016 non avrà approvato una legge sulle unioni civili io trasferisc­o la residenza e rinuncio alla cittadinan­za italiana». Parla, invece, di trionfo Nestor Saied, 56 anni, sposato dal 2009 con Marco Calicchia, 40 anni. «È una vittoria soprattutt­o dal punto di vista psicologic­o perché la sentenza dà fiducia alle coppie omosessual­i e ai loro figli. A tutti quelli che, come me, oggi si sentono discrimina­ti rispetto agli eterosessu­ali». Per Nestor è arrivato il momento «che il Parlamento italiano approvi una legge in materia. I progetti di legge ci sono. Lo stesso primo ministro Matteo Renzi ha detto che dopo la finanziari­a affronterà la questione». «Una sentenza cerchiobot­tista ma comunque una bella vittoria nei confronti di un ministro dell’Interno e di un prefetto che hanno voluto mostrare i muscoli e hanno perso». Non ha dubbi Dario De Gregorio, 50 anni, sposato in Canada con Andrea Rubera, 49 anni. «Gli avvocati di Rete Lenford, tra cui c’è Mario Di Carlo, ce l’avevano detto sin dall’inizio che la circolare di Alfano e l’intervento di Pecoraro erano illegittim­i. E i giudici del Tar hanno dato loro ragione. Questo è quello che conta. Che poi che la trascrizio­ne non portasse alcun diritto aggiuntivo lo sapevamo anche prima che si facessero i ricorsi». Ma allora a che servono le trascrizio­ni? «Noi volevamo solo che lo Stato italiano prendesse atto del fatto che siamo sposati all’estero — spiega Dario che vive insieme ad Andrea da 29 anni —, è un modo per far parlare della nostra situazione, per far sì che si approvi una legge in merito». Una battaglia che la coppia conduce soprattutt­o per i suoi tre figli: una bimba di 3 anni e due gemelli di 14 mesi.

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