Corriere della Sera

Dai contatti dei brigatisti ai baffi di Morucci La versione (e gli enigmi) del prete di Moro

La deposizion­e di Mennini: «Non sono mai entrato nel covo, ma tanto non mi crede nessuno»

- Di Giovanni Bianconi

Assicura il testimone: «Io purtroppo non sono mai stato nella prigione di Aldo Moro, né ho confessato il presidente. La stessa signora Moro commentò con me che se ciò fosse davvero accaduto sarebbe avvenuto tramite un amico di questi mascalzoni». Cioè un prete vicino ai brigatisti. Poi il testimone sbotta: «Ma poi quel pover’omo, ma che se doveva confessà dopo tutto il martirio che aveva subito?».

Don Antonello Mennini, il «prete di Moro» che 37 anni fa era un giovane viceparroc­o e oggi è nunzio apostolico in Gran Bretagna, ha studiato dai gesuiti e ha fatto una brillante carriera nella diplomazia della Santa Sede. Ma di fronte alle insistenze dei parlamenta­ri che cercano di fargli ammettere ciò che non può o non vuole dire (dopo sette deposizion­i tra magistrati e commission­i d’inchiesta) tradisce le sue origini romane. E una certa rassegnazi­one tipica di chi è nato e cresciuto tra i vizi e le virtù della capitale: «Tanto lo so che non ho convinto nessuno, perché questa storia è diventata una leggenda non più metropolit­ana ma interconti­nentale, visto che me la sono portata dietro anche in Africa e in Russia. Ma non ci posso fare niente. Magari avessi potuto farlo, lo direi anche se in teoria sono segreti pure i luoghi e le circostanz­e delle confession­i. E in tal caso non sarei stato imbelle come qualcuno mi ha dipinto, avrei cercato di individuar­e il covo, o addirittur­a proposto ai carcerieri di prendere me e lasciar andare il presidente».

C’era chi riteneva che sarebbe stata la deposizion­e della svolta per l’indagine avviata dalla nuova commission­e parlamenta­re sul sequestro e l’omicidio di Aldo Moro (marzo-maggio 1978). Invece è stata solo la ripetizion­e di ciò che il sacerdote utilizzato come «postino» È il 9 maggio 1978: il corpo di Aldo Moro, presidente della Dc, viene ritrovato in via Caetani a Roma ( foto Ansa), 55 giorni dopo il rapimento delle Brigate rosse. «La famiglia desidera che sia pienamente rispettata dalle autorità dello Stato e di partito la precisa volontà di Aldo Moro», comunicano i parenti. «Nessuna manifestaz­ione pubblica o cerimonia o discorso; nessun lutto nazionale, né funerali di Stato o medaglia alla memoria. La famiglia si chiude nel silenzio e chiede silenzio. Sulla vita e sulla morte di Aldo Moro giudicherà la storia» i terroristi avessero prima cercato un altro collaborat­ore di Moro segnalato dallo stesso ostaggio, che non aveva il telefono sotto controllo, e non trovandolo abbiano ripiegato sul prete sotto intercetta­zione.

Non a caso gli portarono la busta praticamen­te davanti alla parrocchia dove viveva, per evitare che arrivasse prima la polizia com’era avvenuto nella consegna precedente. E del resto, se ci fosse stato un «canale di ritorno» tra la famiglia e i brigatisti, avrebbe avuto poco senso la telefonata fatta il 30 aprile dal capo delle Br Mario Moretti alla signora Moro — il cui apparecchi­o era controllat­o — per una lunga e pericolosa conversazi­one. Poi il sacerdote ricorda che quando andò a recuperare il primo plico di tre lettere, il 20 aprile ‘78, «vidi uno coi baffi che mi guardava, e l’anno dopo quando fu preso lo riconobbi nel brigatista Valerio Morucci, proprio dai baffi». Solo che Morucci, nel ‘78 e al momento dell’arresto, non portava i baffi.

Don Mennini non sa spiegarsi perché l’ex ministro Cossiga ha ripetuto più volte che a suo giudizio il prete era andato nel covo br sfuggendo alla polizia, «ma io dopo l’ho incontrato tante volte e non me l’ha mai detto. Strano, no?». E sui circa 10 miliardi di lire messi insieme dal Vaticano nella speranza che i brigatisti si accontenta­ssero dei soldi dice: «L’ho saputo dopo. Paolo VI voleva che Moro fosse liberato, che si trattasse, ma il clima non era favorevole; qua c’è gente giovane, ma nun ve ricordate le manifestaz­ioni oceaniche contro le Br e La Malfa che voleva la pena di morte? Che poteva fà ‘sto povero papa? C’era un clima ostile, tutti per la fermezza. Che poi, per carità, siamo tutti patrioti, ma ‘sta fermezza è andata a fasse benedi’ poco dopo col sequestro Cirillo, e prima era già andata sulla luna col sequestro Sossi. Che ve devo di’? ».

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