Nel 2012 il lodo arbitrale aveva attribuito al padre la proprietà delle azioni
delle azioni del gruppo, che nel 2012 ha dato ragione al padre. I figli avevano ricorso in Appello, ma nel marzo scorso la Corte aveva confermato con una sentenza di 45 pagine, depositata a luglio, le conclusioni del lodo arbitrale. I figli hanno quindi fatto ricorso in Cassazione e l’udienza potrebbe essere convocata a breve.
Intanto Caprotti padre, difeso dagli avvocati Salvatore Trifirò, Massimo Dattrino e Giorgio De Nova, ha incassato l’ulteriore vittoria sul fronte civile. Venerdì scorso il Tribunale di Milano ha dichiarato «improcedibili tutte le domande esperite da Giuseppe e Violetta Caprotti nei confronti del padre Bernardo ad eccezione di quelle di usucapione e di decadenza dell’usufrutto», che la sentenza considera «infondate».
Il cuore della vicenda sta negli accordi del 1996 tra Bernardo Caprotti e i figli: una scrittura privata in cui si stabiliva che le azioni del gruppo erano intestate a Violetta e Giuseppe in via meramente fiduciaria e potevano essere reintestate al padre senza alcun avviso o preavviso, con una semplice comunicazione alla società fiduciaria. In quell’anno Caprotti aveva deciso di procedere a una razionalizzazione del gruppo: con una serie di operazioni, il 92% della holding che controlla Esselunga è diventato di proprietà di Unione Fiduciaria, che aveva ricevuto mandati fiduciari di gestione dai tre figli.
Lo scopo era trasmettere ai discendenti buona parte del patrimonio come anticipo sull’eredità. La scrittura privata attribuiva la holding, formalmente intestata a Unione Fiduciaria, in usufrutto al padre e ai figli in proprietà. E così è stato fino al 2011 quando Bernardo Supermarket Il patron di Esselunga Bernardo Caprotti, 89 anni