Il «Dizionario» della Prima guerra mondiale (Laterza) Ci fu anche un interventismo di sinistra
Emma Dante (Baldini & Castoldi, pp. 188,
18) con i bellissimi disegni di Maria Cristina Costa, sono diverse da quelle classiche, pur chiamandosi Rosaspina, Biancaneve, Cenerentola. Alle prese con la definizione di un’identità sessuale, costrette a mettersi al livello dei nani, per imparare l’umiltà, non perdonano chi non lo merita. Strepitosa la matrigna di Biancaneve che parla con lo specchio in siciliano («M’ha depilare, talè! così tinti! Tutta un pilu sugnu! »)
Non pare che il trascorso centenario dello scoppio della Grande guerra abbia sortito grandi effetti. Ma il meglio forse deve ancora arrivare, con il prossimo anniversario dell’entrata del nostro Paese nel conflitto. Una lettura come il Dizionario storico della Prima guerra mondiale, curato da Nicola Labanca (Laterza, pagine 498, 28), potrà quindi tornare utile.
Il volume è infatti congegnato sì come opera di consultazione, ma può, dato il numero limitato delle voci e la loro ampiezza, essere un’ottima introduzione alla Grande guerra, nei suoi diversi aspetti, militari in primo luogo, ma poi politici, sociali, economici e last but not least culturali; un deciso spazio è infatti lasciato alla letteratura, all’arte e al cinema, su cui la guerra incise in modo indelebile.
Un altro merito del curatore sta nell’aver selezionato prevalentemente giovani studiosi, freschi di ricerche spesso assai innovative, che hanno fatto giustizia di tanti luoghi comuni stratificatisi attorno alla narrazione e alla memoria della Grande guerra. Più discutibili sono invece i passaggi dedicati alla storia politica: non convince molto infatti l’insistenza sulla responsabilità dell’entrata in guerra, ascrivibile a una fantomatica «destra liberale». Se di responsabilità si deve parlare (il che peraltro non è scontato) essa va attribuita infatti anche ad altre famiglie politiche, di sinistra in primis: i radicali e i socialisti riformisti di Leonida Bissolati, uno degli attori maggiori sul piano parlamentare e ministeriale.
Né pare condivisibile il giudizio secondo cui il nostro Paese (sempre per via del dominio della «destra liberale»?) avrebbe condotto gli affari interni con mano pesante, senza rispetto delle guarentigie. Anche solo limitandosi ad altri Paesi democratici, la Francia radicale di Clemenceau fu assai più di Roma «dittatoriale» contro i cittadini tiepidi nei confronti dello slancio verso la vittoria. Salandra, Orlando e Sonnino non furono l’anticamera di Mussolini.