Il film campione d’incassi suscita commozione, risate e qualche polemica
Se a casa tutti, papà, mamma e fratellino, sono sordi e muti, l’unica che sente e parla è guardata con un po’ di sospetto. La diversa è lei, Paula, 16 anni, ragazza fiorente e di buon carattere, pur se nata con quel piccolo «difetto». Utile peraltro a tenere i contatti con il mondo esterno. A vendere i formaggi prodotti nella fattoria dei Bélier, a tradurre dalla lingua dei segni i discorsi appassionati del padre, candidato sindaco pro agricoltori. Un saldo equilibrio di affetti e di relazioni sociali messo in crisi dalla scoperta di un «dono» inatteso e devastante. Paula canta. E canta benissimo. Tanto che il maestro del coro la spinge a partecipare a un concorso canoro a Parigi. Apriti cielo. Se Paula se ne va, l’intero mondo dei Bélier crolla. E per un motivo per loro del tutto incomprensibile.
«Cosa sia una bella voce è la sola cosa che i suoi genitori non possono capire. La scelta di Paula è vista come un tradimento» spiega Eric Lartigau, regista di La famiglia Bélier, film «caso» in Francia, cinque milioni di spettatori, sei nomination ai César, molti applausi dal mondo dei sordi ma anche qualche polemica per aver scelto nei ruoli principali Karin Viard e François Damiens, attori che sordi non sono.
«Questa è una commedia non un documentario — ribatte Lartigau —. D’altra parte Luca Gelberg, il fratellino di Paula, nella vita è un sordo profondo. Che ha vissuto questa esper i e n z a c o n c u r i o s i t à e naturalezza. Alla fine tutti, udenti e non udenti, sono usciti cambiati da questo film. Io per primo. Tutti abbiamo incontrato dei sordi ma di rado li frequentiamo. Perché di fatto la comunicazione è difficile. Sono francesi ma parlano un’altra lingua, hanno un mogio
Insieme
Da sinistra, Louane Emera, 19 anni (Paula), Luca Gelberg (Quentin Bélier), Karin Viard, 49 (Gigi Bélier) e François Damiens, 42 (Rodolphe Bélier) in «La famiglia Bélier». Il film, campione di incassi in Francia, uscirà nelle nostre sale il 25 marzo che le fa battere il cuore e una voce che le promette un futuro emozionante, molto diverso da quello che papà e mamma avevano immaginato per lei. La vita sorprende e spesso ribalta i piani. La strada di Paula sarà un’altra. La sua voce speciale fa di lei una «diversa», solo in prestito a una comunità che non è la sua. Come andarsene però senza dare dolore a chi più si ama? «Il tema primo del film è proprio questo, il distacco. Ci si può lasciare con dolcezza? Ci si può amare pur consentendo a ciascuno il suo spazio di libertà?».
Si può. Ma il percorso va fatto insieme. Paula andrà a Parigi, si presenterà al concorso, canterà la sua canzone. Ad «ascoltarla» nell’auditorium di Radio France ci saranno anche i genitori e il fratellino. Le loro orecchie non sentiranno «Je vole», musica e versi dell’immancabile Sardou, ma ne intenderanno comunque il senso, specchio della loro storia: « Cari genitori/ io parto. Vi amo, ma io parto… Questa sera/ fuggo perché volo/ Comprendete bene, io volo».