L’INTRECCIO FRA DUE CRISI BUDAPEST E SUEZ NEL 1956
Nella crisi di Suez, quale ruolo ha svolto l’Unione Sovietica, proprio in quei giorni interessata sul fronte interno a reprimere la rivolta ungherese? La minaccia di un suo intervento a fianco degli Usa contro inglesi, francesi e israeliani aveva un fondamento reale, o era strumentale per apparire, senza aver fatto nulla, come protettrice della causa araba? Caro Testa, l miglior modo per comprendere l’intreccio fra le due crisi — Budapest e Suez — è quello di tenere di fronte agli occhi un calendario del 1956. In ambedue le vicende vi è un importante antefatto. In Polonia, fra la primavera e l’estate, gli esponenti riformatori del partito, incoraggiati dal discorso anti-staliniano di Krusciov al XX congresso del Pcus, riuscirono a prevalere sulla vecchia guardia e a rinnovare l’ufficio politico del Comitato centrale fra il 19 e il 23 ottobre. Suscitarono preoccupazioni a Mosca, ma riuscirono a convincere la casa madre che non avrebbero messo in discussione i loro rapporti con l’Unione Sovietica e, in particolare, il Patto di Varsavia.
In Egitto, nel frattempo, il presidente egiziano Gamal Abd el-Nasser, irritato dal rifiuto americano di contribuire al finanziamento della diga di Assuan, aveva annunciato la nazionalizzazione della Società anglo-francese del Canale di Suez. Era il 26 luglio. Gli inglesi e i francesi presero subito in considerazione la possibilità di un intervento militare, ma l’occasione venne alla fine di ottobre quando, nella notte fra il 29 e il 30, gli israeliani, dopo i numerosi incidenti di frontiera delle settimane precedenti, invasero il Sinai. Sappiamo ora che quella iniziativa era stata minuziosamente concordata con Francia e Inghilterra. Gli israeliani avrebbero attaccato l’Egitto. Londra e Parigi avrebbero inviato un ultimatum a entrambi i combattenti per chiedere la immediata sospensione delle ostilità. Israele avrebbe accettato l’ultimatum, ma l’Egitto lo avrebbe verosimilmente respinto. Gran Bretagna e Francia avrebbero
Iavuto la scusa per intervenire e Israele avrebbe continuato la guerra al loro fianco. L’ultimatum porta la data del 30 ottobre.
Torniamo a Budapest, dove le manifestazioni popolari delle settimane precedenti, provocate dalle vicende polacche, erano divenute insurrezione e avevano raggiunto i loro primi obiettivi nella notte fra e il 23 e il 24 ottobre. Vi fu un primo, breve intervento delle truppe sovietiche, ma non impedì al governo Nagy di annunciare al Paese, il 31 ottobre, che l’Ungheria sarebbe uscita dal Patto di Varsavia (l’alleanza militare del blocco sovietico) e avrebbe proclamato la sua neutralità. Erano decisioni che i sovietici non erano disposti ad accettare. All’alba del 4 novembre, i carri armati dell’esercito sovietico tornarono a Budapest e conquistarono la città a colpi di cannone. Due giorni prima, a New York, l’Assemblea generale aveva approvato una risoluzione americana che chiedeva la cessazione delle ostilità nel Sinai e intorno al Canale di Suez. Il terzetto continuò a combattere, ma i sovietici, ormai nuovamente padroni di Budapest, lanciarono a loro volta un ultimatum, il 5 novembre, con cui chiedevano a Francia, Gran Bretagna e Israele l’interruzione delle ostilità, e minacciavano l’uso di missili di nuova fabbricazione. In una fase immediatamente precedente il capo del governo sovietico Nikolaj Bulganin aveva proposto al presidente americano la creazione di una forza congiunta. Ma le campane a morto per l’operazione militare anglo-francese suonarono il 7 novembre quando il presidente Eisenhower disse al premier britannico Anthony Eden che era ora di smetterla.
Ecco un breve bilancio, caro Testa. In due frenetiche settimane, dal 23 ottobre al 7 novembre, l’Unione Sovietica riconquistò il controllo dell’Ungheria e divenne una potenza medio-orientale; la Gran Bretagna e la Francia perdettero il Canale di Suez e buona parte della loro influenza nell’Africa del nord e nel Levante; gli Stati Uniti sostituirono la Gran Bretagna in Medio Oriente; Israele dimostrò di essere una potenza militare ed è stata da allora, per molti anni, il maggiore partner degli Stati Uniti nella regione.