Essere Fognini, il genio della sregolatezza Eroe da Slam, inaffidabile in Davis: il tennista azzurro non trova mai un equilibrio
«Abbiamo vinto uno Slam, ca..o». Francesismo concesso per la vittoria del doppio, con il sodale Simone Bolelli, agli Australian Open, 56 anni dopo Orlando Sirola e Nicola Pietrangeli, Roland Garros 1959. L’uso della parolaccia è una costante in Fabio Fognini, the Fab Fabio, il tennista numero 1 d’Italia che passa dalla polvere di stelle alla polvere. E viceversa.
Un anno fa a Napoli, alla rotonda Diaz, era « o surdato ‘nnammurato», eroe della clamorosa rimonta (da 1-2 a 3-2) ai danni della Gran Bretagna. Davanti all’amata Flavia Pennetta accorsa sulle tribune a sostenerlo, stroncò il campione
Due volti Fabio Fognini, 27 anni (Italy Photo Press) di Wimbledon Andy Murray e avviò l’inaspettato successo. Due settimane fa, a San Paolo, ha superato Rafa Nadal. Domenica è crollato con lo sconosciuto Aleksandr Nedovyesov, ucraino naturalizzato kazako, ex maestro di tennis richiamato in servizio, sotto Fabio in classifica più di 100 posizioni. Brutta sconfitta, certo, anche se in Coppa Davis spesso i Nedovyesov siamo stati noi, grazie a campi, giudici (mai come quelli kazaki,), pubblico, patriottismo. La Davis trasforma i brocchi in eroi e noi ne abbiamo approfittato tante volte.
Fabio, 28 anni il 24 maggio, si colloca nel solco di quei tennisti italiani sempre in precario equilibrio tra genio e sregolatezza. Scuro e tenebroso, con la faccia da eroe romantico di un romanzo di Dumas, padre e pure figlio, Fabio è ligure di Ponente, essenzialmente un ibrido. Genovese ma non troppo, piemontese così così, una scorza di nizzardo. Non gli piace l’etichetta del bad boy, preferirebbe quella del bravo ragazzo, ma ha bisogno di essere sempre contro. Basta guardare gli sguardi taglienti come certi rovesci che rifila ai giornalisti. È capace di grandi slanci, è un pessimo elemento che, Amburgo 2014, dà al serbo Filip Krajinovic dello «zingaro di...» («Ma non sono razzista, non ce l’avevo con lui, sono pentito»). Un tennista con grandi colpi, avvezzo all’impresa, il primo dopo Panatta a vincere due tornei Atp di seguito (Stoccarda e Amburgo 2013). Uno specialista nei maltrattamenti alla racchetta, in linea con la grande tradizione nostrana del «racket abuse » . Solo a Wimbledon 2014, 27.500 dollari di multa.
Insomma Fabio, che giocava mezzapunta e tifa Genoa (e Inter), bisogna prenderlo così. Bello e impossibile, pigro ma geniale, esplosivo e indolente, di mugugno facile e di grande generosità. In ogni caso, visto l’arbitraggio in Kazakistan, ha dimostrato di essere, da un punto di vista comportamentale, in netto miglioramento. Quei giudici di linea truffaldini altro che «francesismi» avrebbero meritato.