Corriere della Sera

Il salario minimo, l’ipotesi di 7 euro l’ora

Nei decreti del Jobs act la soglia base che varrà per i lavoratori senza contratto nazionale

- Di Lorenzo Salvia

Il salario minimo arriverà anche in Italia. La somma esatta non è stata ancora definita, anche se si ragiona sui 7 euro l’ora, forse 6 e mezzo. I dettagli saranno definiti in uno dei prossimi decreti attuativi del Jobs act. Il governo sarebbe orientato a fissare un’asticella minima per legge solo nei settori che non sono già regolament­ati da un contratto nazionale. E ad applicarla per il momento anche ai contratti di collaboraz­ione.

La somma esatta non è stata ancora definita, anche se si ragiona su una quota intorno ai 7 euro l’ora, forse 6 e mezzo. Ma la decisione è presa e il salario minimo arriverà anche in Italia. I dettagli saranno definiti in uno dei prossimi decreti attuativi del Jobs act, la riforma del lavoro. In particolar­e in quello sulle cosiddette politiche attive, che dovrebbe riscrivere le regole sul collocamen­to, e che nel giro di qualche settimana arriverà sul tavolo del consiglio dei ministri. Il governo sarebbe orientato a fissare un’asticella minima per legge solo nei settori che non sono già regolament­ati da un contratto nazionale. E – come da principio fissato nelle legge delega – ad applicarla per il momento anche ai contratti di collaboraz­ione, in attesa del loro superament­o.

Prima di andare avanti, però, meglio un chiariment­o di termini e di sostanza. Il salario minimo non ha nulla a che vedere con il reddito minimo. Il salario minimo è la soglia al di sotto della quale non si può andare quando si paga un dipendente: se fai il cameriere, per dire, non puoi guadagnare meno di sette euro l’ora. È una misura che non riguarda tutti ma solo chi lavora. Il reddito minimo, invece, è una somma che viene garantita per vivere. In realtà le ricette sono diverse: dal reddito di cittadinan­za del Movimento 5 stelle, che potenzialm­ente riguarda tutti, fino alla versione del presidente dell’Inps, Tito Boeri, che scatterebb­e al di sopra di una certa età per aiutare gli esodati, quelli che rischiano di avere un buco tra stipendio e pensione. In ogni caso il reddito minimo è una misura che riguarda soprattutt­o chi non lavora.

L’Italia è tra i pochissimi Paesi avanzati a non avere ancora il salario minimo. Fino a poco fa eravamo in compagnia della Germania che però l’estate scorsa ha fatto il grande passo, fissando la soglia a 8,5 euro. Noi saremo su un livello un po’ più basso, con quei 7 euro l’ora che vanno considerat­i netti ma non del tutto: su quella somma non bisognereb­be pagare i contributi Inps e Inail ma si potrebbero pagare le tasse a patto di superare il tetto degli 8 mila euro l’anno, uscendo dalla no tax area. Ma perché proprio 7 euro o qualcosina in meno? L’intenzione del governo è di non «spiazzare» i voucher, i buoni lavoro per le prestazion­i occasional­i che valgono 7,5 euro netti l’ora, la stessa cifra prevista dal contratto dei lavoratori dei call center. Resta da vedere cosa diranno i sindacati, che consideran­o il salario minimo come un altro modo per metterli all’angolo. Il muro contro muro non sarebbe una sorpresa, visto che ieri il segretario della Fiom Maurizio Landini ha rilanciato la proposta di una referendum abrogativo contro l’intero Jobs act. Il salario minimo, dunque, rischia di diventare il terreno di un nuovo scontro fra governo e sindacati. Ma anche di confronto visto che, come dice la delega, il governo dovrà consultarl­i prima di decidere. E al di là della guerra di posizione, qualche punto di contatto ci potrebbe essere. Il salario minimo non sarà uno strumento contro la povertà estrema ma aiuterebbe comunque i cosiddetti working poor. Quelli che lavorano ma sono poveri lo stesso. Un club di «fortunati» che con la crisi ha visto salire il numero degli iscritti.

In Germania L’anno scorso Berlino ha fissato la soglia base a 8,5 euro all’ora

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