Corriere della Sera

Il selfie dei campioni prima della tragedia

- Di Stefano Montefiori Aldo Grasso

Sono morti bendati, in Argentina, sull’elicottero sul quale si trovavano per un reality show: la scomparsa del pugile Alexis Vastine ( a destra), della velista Florence Arthaud ( alla sua sinistra) e della nuotatrice Camille Muffat ( seduta al centro) commuove la Francia e il mondo dello sport.

uando si dice il destino. Due elicotteri si sono scontrati in Argentina durante le riprese di «Dropped», una sfida di sopravvive­nza tipo l’«Isola dei famosi». Tra le vittime, tre campioni dello sport francese: Camille Muffat, Florence Arthaud e Alexis Vastine. Le agenzie raccontano che questa è la tragedia più spaventosa nel mondo dei reality ed è vero. Ma, a ben pensarci, nell’immaginari­o comune l’idea di morte è connaturat­a al genere, come se il reality si trascinass­e dietro le stimmate della cattiva tv, del mercimonio delle coscienze e per questo fosse degno di punizione. Basta ricordare il romanzo «Acido solforico» della francese Amélie Nothomb in cui si parla del reality «Concentram­ento». La tragedia dello sterminio degli ebrei diventa un sommario di decomposiz­ione, una facile allegoria della società dello spettacolo e dei vacui rituali televisivi. Sempre per restare in Francia, c’è il documentar­io, «Ultima frontiera. Il gioco della morte», realizzato da Christophe Nick per France 2: alcune persone, convinte di partecipar­e a un reality show, sono poste di fronte all’alternativ­a di infliggere delle dolorose scosse elettriche ad altri concorrent­i pur di arrivare alla vincita del premio finale. La maggior parte di loro cede. Anche il film «Hunger Games» diretto da Gary Ross mette in scena una sorta di reality sulla sopravvive­nza, di gara mortale fra giovani. Insomma, è come se il reality si portasse dietro una sorta di maledizion­e perché accusato di essere trash, di inebetire gli spettatori nel voyeurismo più bieco. Il più popolare personaggi­o del «Grande fratello» italiano, Pietro Taricone, è strato strappato alla vita in modo tragico. E Pietro era proprio l’emblema di questa natura modernissi­ma: l’essere insieme uomo comune, venuto dall’anonimato, e personaggi­o di successo, grazie al reality. I tre atleti che sono morti in Argentina non venivano dal nulla, avevano storie personali molto importanti: Olimpiadi, traversate in solitario, riconoscim­enti. Un tempo gli atleti si sarebbero accontenta­ti del loro medagliere, di onorate carriere in ambito sportivo, di consulenze. Adesso il mondo dello sport è sempre più parte dello showbiz e il passaggio dall’uno all’altro campo fluido e lesto. Quanti ex atleti vediamo ogni sera in tv competere in ambiti apparentem­ente estranei alla loro formazione! Il reality, ma più in generale la tv, toglie i personaggi famosi dal loro piedistall­o e riduce la distanza tra celebrity e gente comune. La riduce a tal punto che anche la morte diventa una sorta di comunione mediatica.

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