Corriere della Sera

Il pacemaker non funzionò, un milione alla paziente finita in coma

L’apparecchi­o impiantato nel petto di un’infermiera nel 2008. Condannati la società distributr­ice e due ex manager

- Giuseppe Guastella gguastella@corriere.it

euro. Poi, introdotto da conoscenti comuni, ecco il «Bicio». Il gran burattinai­o. Eccitato dalla preda e dal bottino, aveva alzato il prezzo del riscatto (350 mila euro) e progettato il piano B (vendere il «servizio» al direttore di «Chi» Signorini).

Dall’entourage del «Bicio» dicono che il vero «Bicio» è un altro, per esempio quello che aveva inseguito uno scippatore, l’aveva bloccato e consegnato alle forze dell’ordine, quello che si era rimesso a lavorare onestament­e come freelance per un’agenzia fotografic­a, quello innamorato perso della figliolett­a nella casa popolare sui Navigli. Dopodiché di Pensa, leggendo le intercetta­zioni dell’inchiesta guidata dal tenente colonnello Alessio Carparelli e coordinata dal procurator­e aggiunto Alberto Nobili e dal pm Giancarla Serafini, al di là delle promesse di violenze ( « Io lo distruggo nel mondo...», riferito a Elkann), dopodiché

Il pacemaker non entra in funzione quando è disperatam­ente necessario, fallisce il colpo, non riesce a far ripartire il cuore malato e la donna precipita in un coma vegetativo che oramai dura da quattro anni e mezzo. Per quell’apparecchi­o «malfunzion­ante» impiantato nel 2008 nel petto di un’infermiera 42enne di San Donato Milanese la società distributr­ice e due suoi ex manager accusati di lesioni colpose gravissime sono stati condannati a pagare alla vittima e ai suoi familiari oltre un milione di euro di risarcimen­to danni.

A ottobre 2010 il cuore di Maria si ferma improvvisa­mente. Il pacemaker-defibrilla­tore distribuit­o dalla St.Jude Medical Italia, ma prodotto negli Usa dalla casa-madre americana, secondo l’accusa non riesce a dare la scarica elettrica in grado di rimetterlo in moto. A riuscirci sono i sanitari del 118 i quali, però, intervengo­no quando è già troppo tardi per evitare che il cervello della signora subisca danni permanenti dal blocco della circolazio­ne sanguigna. Le indagini avviate inizialmen­te dal pm milanese Ferdinando Esposito e sviluppate dal viceprocur­atore onorario Alberto Dones si concludono con l’accusa di lesioni colpose gravissime nei confronti del presidente e dell’amministra­tore delegato della St. Jude Medical Italia. Per il pm, il software del pacemaker non era stato aggiornato nonostante a gennaio 2008 alla Food and drug administra­tion, l’ente federale Usa, la casa costruttri­ce avesse fatto arrivare una segnalazio­ne di allarme che non era stata recepita in Italia dai ministeri della Salute e dello Sviluppo economico. In difesa della società l’avvocato Mario Zanchetti ha sostenuto che il pacemaker funzionava regolarmen­te e che il software era aggiornato, mentre per i legali degli imputati, gli avvocati Antonio Carino e Raffaella Quintana, l’apparecchi­o aveva svolto il suo compito ma purtroppo la paziente era affetta da una «patologia molto grave». Le difese hanno già annunciato ricorso in Appello contro la condanna. Per le lesioni il giudice ha condannato gli imputati a 2.000 euro di multa ciascuno e, con la St.Jude Medical Italia a risarcire le parti civili, tutte assistite dagli

L’accusa

Per l’accusa due manager di «St. Jude Medical» sono responsabi­li di lesioni colpose gravissime per il cattivo funzioname­nto del pacemaker impiantato su una donna poi finita in coma avvocati Nicola Brigida e Marcello Gentili: 476 mila euro alla donna, 100 mila euro ciascuno al marito e ai loro tre bambini e 41 mila in tutto ai tre fratelli e alla suocera. Prescritta la contravven­zione per l’immissione sul mercato di «prodotti pericolosi», accusa che il pm aveva modificato in «adulterazi­one» di medicinali chiedendo di trasmetter­e gli atti alla Procura per procedere contro gli imputati e i ministri in carica all’epoca che non avrebbero impedito che il pacemaker fosse commercial­izzato.

Stato vegetativo La donna da quattro anni è in stato vegetativo: danni permanenti al cervello

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