Corriere della Sera

Conferenza internazio­nale per non perdere la Libia

Una missione di pace appare difficile. E le alternativ­e sono poche

- Di Franco Venturini

Èrisaputo che la buona diplomazia richiede discrezion­e, ma capita talvolta, come sta accadendo nel caso della Libia, che l’approccio discreto diventi un approccio confuso. A tutto beneficio di chi nell’ambiguità ha imparato a rafforzars­i, come l’Isis, e con danno per chi dalla Libia riceve minacce concrete alla sua sicurezza e stabilità, come l’Italia. Fare chiarezza non è facile, specialmen­te se si prendono in esame i tentativi di dialogo con il frastaglia­to fronte libico. L’obiettivo dichiarato dalla Comunità internazio­nale è la nascita di un governo libico di unità nazionale che metta d’accordo i due governi e i due parlamenti oggi esistenti.

delle milizie, delle tribù, dei clan e delle ambizioni inconfessa­bili come la spartizion­e del Paese?

Le probabilit­à di successo sono talmente sottili che diventa imperativo esaminare per tempo, cioè subito, le alternativ­e esistenti. E qui andiamo di male in peggio. Salvo circostanz­e davvero eccezional­i, oppure un intervento molto massiccio che nessuno vuole almeno fino a quando non sarà chiaro l’impegno degli Usa, l’opzione del peace keeping (per non parlare del peace enforcing, l’imposizion­e della pace con la forza) diventa man mano più fragile. Ci si rende conto dei rischi altissimi che comportere­bbe, si teme con ragione che le fazioni libiche si uniscano contro lo straniero, si paventa di fare un grosso favore all’Isis che potrebbe attirare i più nazionalis­ti ed emergere dagli scontri come forza dominante. Allora si parla — e lo ha fatto Bernardino León in una intervista al Corriere

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy