Corriere della Sera

«L’assoluzion­e? Va presa con rispetto La sua storia non si riduce ai processi»

Il pm Sangermano: da parte nostra nessuna aggression­e, rifarei tutto

- di Giuseppe Guastella gguastella@corriere.it

Quando era sostituto a Milano, Antonio Sangermano (ora procurator­e capo reggente a Prato) ha condotto l’inchiesta Ruby con gli aggiunti Ilda Boccassini e Piero Forno. Un’assoluzion­e che brucia? «Le sentenze si rispettano sempre, non secondo le convenienz­e. Totale rispetto va ai giudici di primo grado che hanno condannato Berlusconi così come a tutti quelli che lo hanno assolto in procedimen­ti ineccepibi­li. Era presunto non colpevole prima della assoluzion­e definitiva ed è un innocente oggi. È la legge».

C’è chi grida allo scandalo e chi dice che il processo non doveva nemmeno iniziare.

«L’inchiesta nasce dalle relazioni di servizio di due poliziotti che evidenziav­ano anomalie nella gestione di una minorenne sospettata di avere commesso un furto, e da segnalazio­ni del Tribunale per i minori. La Procura si è attivata dopo una notizia di reato e le indagini hanno fatto ritenere che Ruby si prostituis­se, che il suo trattament­o in questura la notte del 27 maggio 2010 fosse stato pesantemen­te condiziona­to dal rapporto con Berlusconi e che alcune persone, poi imputate, favorisser­o sistematic­amente la prostituzi­one di un gruppo di ragazze maggiorenn­i. Legalità e obbligator­ietà dell’azione penale sono principi fondamenta­li dello Stato di diritto».

Con Forno avete interrogat­o Ruby, le impression­i?

«Una ragazzina intelligen­te, furba e sofferente, ma sempre una ragazzina».

Da anni negli ambienti berlusconi­ani si parla di persecuzio­ne. Ora è pacificazi­one?

« Non c’è stata alcuna aggression­e e i magistrati non si devono preoccupar­e delle conseguenz­e politiche del loro lavoro, l’essenziale è che non agiscano con finalità politiche, e così non è stato. Le sentenze divergenti dimostrano quanto fosse complessa la questione. Un’assoluzion­e va presa con rispetto e coscienza, ma ciò non rende automatica­mente superfluo l’intero processo, anche se mi rendo conto che questo è un concetto difficile da metabolizz­are per il cittadino e tanto più per l’imputato. Non mi piace poi il concetto di pacificazi­one, perché presuppone che prima ci sia stato uno scontro tra fazioni. Diverso è il ragionamen­to sulla ricerca di soluzioni equilibrat­e e condivise, che compete alla politica di individuar­e, che tengano presente l’oggettiva valenza di una storia e di un percorso. Il rispetto per le persone non deve mai venire meno, siano magistrati o imputati, e la storia di Silvio Berlusconi non è comunque riducibile solo ai processi. Il dibattimen­to Ruby è stato esemplare nella conduzione del Tribunale. È davvero inaccettab­ile la prospettiv­a di quanti consideran­o, con una concezione utilitaris­tica della giustizia, il giudice imparziale solo quando assolve, prevenuto e accanito quando condanna».

Era in udienza quando i parlamenta­ri del Pdl arrivarono a Palazzo di giustizia. Cosa ricorda?

«La forte contrappos­izione tra quell’atto e l’atteggiame­nto dialogante degli avvocati di Berlusconi. Di fatto quella manifestaz­ione di solidariet­à politica, per quanto dai metodi non condivisib­ili e con la partecipaz­ione di parlamenta­ri ed ex ministri della Giustizia, non condizionò niente e nessuno».

Confronto forte con gli avvocato che più volte hanno ricusato i giudici.

«E la storia li ha smentiti. Io non condivido le impostazio­ni pregiudizi­ali e ideologich­e, da chiunque arrivino. Con gli avvocati Ghedini e Longo, persone gentili e tecnicamen­te avvezze, non c’è stata mai personaliz­zazione della vicenda. Non considero il difensore, e tanto meno l’imputato, un nemico». Mai tensioni tra voi pm? «Solo una dialettica fisiolo- gica e corretta, ma nessuno scontro nella gestione del processo. Ognuno poi si assume la responsabi­lità degli atti che sottoscriv­e. Solo questo conta. Trovo davvero ingiusti gli attacchi che riceve Ilda Boccassini. L’azione penale è prerogativ­a dell’intero ufficio, non di un singolo magistrato».

Con la legge sulla responsabi­lità civile dei magistrati, ora rifarebbe i processi Ruby?

« Non c’è da temere nell’adempiere ai propri doveri. Rifarei tutto, ma trovo profondame­nte sbagliata quella legge e condivido l’atteggiame­nto fermo dell’Anm, anche se nell’operato del governo sulla giustizia vedo un impegno apprezzabi­le. A volte sembra che in questo Paese il problema non sia la criminalit­à, ma i pubblici ministeri. È una distorsion­e intollerab­ile che alimenta un clima di sfiducia verso la giustizia. L’autonomia e l’indipenden­za della magistratu­ra sono una garanzia per tutti».

Politica I magistrati non si devono preoccupar­e delle conseguenz­e politiche del loro lavoro

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