D’Alema e Boschi, lite sul referendum Cuperlo: il Pd rischia
Guerini: basta minacce alla tenuta del partito
Massimo D’Alema riparte dalla base, facendo un bagno di militanti romani nello storico circolo dem di via dei Giubbonari, e parla da uomo di sinistra su austerità imposta dalla Germania, Grecia in ginocchio, riforme a rischio democrazia perché «fatte male» a casa nostra, Costituzione e lavoro. Davanti alle telecamere che lo attendono, però, l’ex presidente del Consiglio esterna le sue critiche di merito sulla riforma Renzi-Boschi che abolisce il Senato elettivo e riforma il Titolo V: «Il referendum confermativo tanto sbandierato, per come sarà posto, sarà un plebiscito, una finzione, perché al cittadino verrà chiesto prendere o lasciare. Se, invece, nel quesito si chiedesse “Preferite un Senato eletto direttamente oppure nominato dai consigli regionali?”, vedrete cosa risponderebbe la gente...».
D’Alema si scalda. Dice che le sue proposte sono più riformiste rispetto a a quelle messe in cantiere in Parlamento: «Io infatti voglio che i deputati vengano scelti direttamente dai cittadini che poi era la promessa fatta dal Pd agli italiani». Ma Matteo Renzi dice che sull’Italicum «non si può tornare indietro» e che la legge elettorale non si tocca: «Bene — risponde D’Alema — ma per cancellare i 100 capolista bloccati serve solo un emendamento di tre righe. Mica bisogna ripartire da zero. Altrimenti con l’Italicum avremmo nella stessa lista candidati eletti perché nominati dai segretari e altri perché capaci di raccogliere le preferenze: chi sono più legittimati, i primi o i secondi?». Sarebbe meglio tornare al Mattarellum con i suoi collegi uninominali? «Certo, con l’Italicum, che favorisce le oligarchie come faceva il Porcellum, sarebbe meglio tornare al Mattarellum. Quella sì che era una riforma capace di aumentare il potere dei cittadini, mentre quelle di ora il potere dell’elettore lo fanno arretrare».
Sul referendum a D’Alema risponde Maria Elena Boschi che su La7 dice: «Mi spiace che proprio lui non rispetti la Carta: è l’articolo 138 che lo prevede».
Nel calderone della minoranza del Pd c’è chi, come Gianni Cuperlo, alza ancora di più il tiro: «Su un tema come la qualità della democrazia non è in gioco la sorte del governo ma il destino del Pd. Non è in discussione il rapporto tra maggioranza e minoranza ma l’identità del Pd. Renzi ci pensi bene prima che sia troppo tardi». La parola scissione Cuperlo non la pronuncia ma è chiaro che, se la tenuta del partito viene meno, maggioranza e minoranza dem sarebbero destinate a dividersi.
A Cuperlo risponde il vicesegretario Lorenzo Guerini: «Il Pd ha dato ampia prova di saper discutere al proprio interno, di confrontarsi e, una volta assunta una decisione, di saperla difendere nei passaggi parlamentari. Non credo sia utile continuare a manifestare ogni giorno rischi di tenuta per il partito». La presidente della Camera Laura Boldrini è intervenuta ieri alla presentazione dei volumi dedicati all’attività parlamentare di Lucio Magri, esponente della sinistra e deputato tra il 1976 e il 1994. Presente anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ( foto Imagoeconomica). Boldrini, facendo un confronto tra i dibattiti a Montecitorio di trent’anni fa e quelli attuali, ha detto: «C’è una pressione affinché il Parlamento dia prova di efficienza. Questa spinta, che considero motivata, va temperata con l’esigenza di confronto tra le forze politiche».