I rapporti
Tra il premier e segretario del Pd Matteo Renzi e la minoranza interna del partito i rapporti sono tesi su una serie di temi: dalle riforme costituzionali all’Italicum al Jobs act
Dopo mesi di scontri e polemiche l’elezione del capo dello Stato il 31 gennaio scorso ha rappresentato il momento di maggiore unità tra i democratici. Dopo quel passaggio, è tornata la tensione tra la maggioranza e minoranza
Sul ddl Boschi alla Camera la sinistra del Pd, dopo averlo criticato, ha votato a favore del progetto, spostando il fronte dello scontro sulla legge elettorale: «Se non cambia non la votiamo» ha detto Pier Luigi Bersani
Uno dei leader della minoranza, Gianni Cuperlo, ha avvertito Renzi: «È in gioco l’identità del partito, ci pensi finché è in tempo»
Le varie anime della minoranza si sono date appuntamento a Roma per una convention il prossimo 21 marzo: ci saranno i diversi esponenti che si oppongono al segretario: da Bersani a Fassina, da Speranza a Civati
( Vicolo della Missione, ingresso sala stampa di Montecitorio, martedì 10 marzo, ore 10,58).
Groviglio di cavi, telecamere accese nella penombra delle mura antiche. Pippo Civati. La sua tecnica, per adescare i cronisti parlamentari, è nota: arriva tutto elegantino, spesso in completo blu, le Clarks per un tocco radical-chic e perché lo aiutano nel passo felpato; l’aria pensosa, quasi turbata. Poi, ti fissa: lo sguardo di uno che ha deciso di dirti qualcosa di definitivo.
I cronisti che ci cascano, ormai, si contano sulle dita di una mano. Eppure, per una volta, alla vigilia del voto per il ddl sulle riforme costituzionali, Civati sta dicendo una roba forte.
«Per gran parte della cosiddetta minoranza del Pd, la battaglia da affrontare è sempre “la prossima”: così è stato sul Jobs act, così è stato e probabilmente sarà in tutti i passaggi delle riforme, compresa quella che sta per essere votata e che io, però, ovviamente, non voterò». Nessuno osa interromperlo. «Succede questo: una settimana prima del voto, i dissidenti sono centinaia. Tre giorni prima, sono diventati una cinquantina. A due ore dal voto, se si arriva a una dozzina è