Banche e imprese, adesso la ripresa non va soffocata
Imercati hanno significativamente chiuso la terza giornata dall’inizio del Qe con segni positivi superiori al 2%. Finalmente però non corrono più da soli, aspettando le mosse della Bce. A unirsi alla festa — più timidamente — sono anche i governi che vedono arrivare in parallelo dati più confortanti sul fronte dell’economia reale dopo anni di cattive notizie e disillusioni. Con un Pil dell’area che, grazie al cocktail di bassi tassi, basso euro e bassi prezzi delle materie prime, potrebbe arrivare (stime Bce) a un +1,5% nel 2015 e al 2% nel 2016-17. Ieri, in una conferenza a Francoforte, il presidente della Bce Mario Draghi ha giustamente rivendicato i risultati ottenuti finora del piano da lui voluto contro la tenace resistenza della Bundesbank. Un piano che — anche grazie ai paletti piantati proprio dalla Bce nei confronti del nuovo governo greco — riesce ora a dotare l’eurozona di un ombrello efficace contro il rischio di contagio dagli sviluppi in negativo della crisi greca. Ma la Bce e i suoi acquisti di titoli non bastano. Perché la liquidità della banca centrale si trasformi in credito bancario per le aziende e le famiglie alla politica fanno capo una cosa da fare e una da evitare. La cosa da fare è quella di andare avanti a testa bassa per realizzare riforme che accorcino la via crucis di un giovane imprenditore che, dopo aver aperto un’impresa, si ritrova oppresso dal Fisco, da regole impossibili da seguire e da una giustizia civile che impiega 1.185 giorni per risolvere una lite commerciale. La cosa da non fare è che — per timore della crisi finanziaria prossima ventura — l’Europa si infligga il suicidio di accettare regole troppo severe sui requisiti di capitalizzazione per le proprie banche «sistemiche». Non si tratta di un’ipotesi campata in aria ma di una proposta (relativa al TLAC, Total Loss Absorbing Capacity, la capacità di una banca di assorbire perdite inattese a fronte di una crisi) che sta sul tavolo del Comitato per la stabilità finanziaria dallo scorso novembre. Se adottata, la proposta porterebbe a nuove esigenze di ricapitalizzazioni bancarie che farebbero impallidire per entità le ricapitalizzazioni attuate dalle banche europee nell’ultimo anno in vista dell’unione bancaria. Con ovvi effetti a valle sui volumi di credito erogato. Giusto prevenire il rischio di nuovi salvataggi bancari a spese dei contribuenti, ma non al costo di uccidere una ripresa neonata nella culla.