Ritratta il presunto killer di Nemtsov «Mi hanno costretto a confessare»
Si profila uno scontro fra servizi segreti russi e uomini del leader ceceno Kadyrov
L’omicidio dell’oppositore Boris Nemtsov avvenuto davanti alle mura del Cremlino sta scatenando il caos tra i gruppi che comandano in Russia. E forse anche uno scontro violentissimo fra gli uomini dei servizi segreti e quelli che ruotano attorno al capo incontrastato della Cecenia Ramzan Kadyrov, fedelissimo di Vladimir Putin («Per lui mi farei uccidere», ha detto).
L’unica cosa che trapela all’esterno è una massa di notizie contraddittorie su quello che è avvenuto e che è ancora in corso. Gli accusati avrebbero detto di non aver mai confessato di aver assassinato l’ex vicepremier e di essere stati torturati dopo la cattura. Ma subito altre fonti hanno negato e detto che non esistono tracce di percosse o di uso della corrente elettrica sui corpi dei ceceni in prigione. Il movente dell’agguato sarebbe la vendetta per le frasi di Nemtsov sull’attentato al giornale satirico Charlie Hebdo. Ma se questo fosse vero, allora i «buoni musulmani» in carcere (come li ha definiti Kadyrov) sarebbero stati preveggenti, perché la loro auto è stata filmata sotto casa di Nemtsov parecchi giorni prima dell’attentato di Parigi. Infine ci sarebbe una lista di altre persone da eliminare, tra i quali il direttore della radio Eco di Mosca Aleksej Venediktov, l’ex stella dei salotti In gabbia Zaur Dadayev, uno dei due ceceni incriminati per l’assassinio di Boris Nemtsov, in carcere a Mosca moscoviti Kseniya Sobchak, attuale esponente dell’opposizione e l’ex oligarca Mikhail Khodorkovskij. La portavoce di quest’ultimo ha intanto trovato una corona funebre davanti alla porta di casa.
Vari giornali russi, tra i quali il periodico d’opposizione Novaya Gazeta, sostengono che è in corso una battaglia tra Aleksandr Bortnikov, capo dell’Fsb, e Kadyrov. Gli uomini della sicurezza sono stufi dello strapotere del presidente ceceno che, in cambio della pacificazione della Repubblica ribelle, ha ottenuto da Putin carta bianca. Pare che i due incriminati per il delitto, Zaur Dadayev e Anzor Gubashev, avrebbero agito sicuri di farla franca. Dadayev era nel battaglione Sever della polizia e, per Novaya Gazeta, a guidare l’agguato a Nemtsov sarebbe stato un altro poliziotto, un certo maggiore Ruslan. Questo maggiore si chiamerebbe, secondo il blogger Navalny, Geremeyev e sarebbe nipote di un senatore e di un deputato. Quest’ultimo è stato associato in passato all’eliminazione di nemici di Kadyrov.
Dunque, ricapitolando, l’omicidio sarebbe stato organizzato da una specie di ala dura del Caucaso che ritiene i moscoviti troppo teneri con gli oppositori. Così l’assassinio è avvenuto senza troppi riguardi e gli esecutori non si sono preoccupati di coprire le loro tracce: hanno agito a volto scoperto, non hanno bruciato l’auto usata, ecc. E hanno colpito vicino al Cremlino solo perché quella era una zona più comoda per loro, dove magari contavano di non essere scoperti. In un primo momento l’ex poliziotto ceceno Dadayev avrebbe confessato solo perché sicuro che poi sarebbe stato mandato in patria a scontare la pena, secondo Novaya Gazeta. E in Cecenia, si sa, gli uomini fedeli in prigione ci rimangono poco. Ma l’attentato avrebbe scatenato la reazione dei cosiddetti silovikì (ufficiali di servizi e forze armate), stanchi di subire umiliazioni. Ecco quindi gli arresti e tutto quello che segue, con l’indicazione di una pista che potrebbe portare a Kadyrov. Lo scontro, però, è ancora in atto, con vari organismi pronti a farsi la guerra anche apertamente. E l’arbitro non potrà che essere Vladimir Putin.
@Drag6