Corriere della Sera

SPIEGARE AI BAMBINI CIÒ CHE NON È

- Di Susanna Tamaro

— protetti da qualche frasca o dall’ombra rassicuran­te di un letto — quelle che saranno le potenziali­tà dei loro corpi, lontano dagli sguardi indiscreti degli adulti. È un tempo di scoperta che esige la separazion­e dal mondo adulto. L’esplorazio­ne del proprio corpo e di quello degli altri è un’attività che è sempre esistita, e che sempre esisterà. Probabilme­nte soltanto la nostra società malata di frantumazi­one ha bisogno di farla illuminare dalla sapienza degli specialist­i, senza tenere conto del nostro innato senso di pudore.

Tempo fa, una mia amica si è sentita in dovere di spiegare alla figlia tredicenne, in procinto di partire sola per la prima vacanza all’estero, tutto quello che sarebbe successo se avesse avuto un rapporto sessuale. Un lungo silenzio ha accolto le sue parole. «Mamma, possiamo far finta che questa conversazi­one non sia mai esistita?» ha ribadito la ragazza, imbarazzat­a.

Con l’entrata nella nostra società del mito dell’educazione sessuale come panacea di tutti i mali, i riflettori sono costanteme­nte puntati su qualcosa che, a mio avviso, dovrebbe restare felicement­e nella penombra. Viene il sospetto che tutto questo febbrile desiderio di spingere i nostri ragazzi a conoscere la nomenclatu­ra delle parti intime, il loro uso, declinato in infinite e variegate possibilit­à, sia in realtà collegato all’inarrestab­ile declino di quella che una volta veniva chiamata educazione.

Non essendoci più l’educazione, non ci rimane che quella sessuale.

Ma in che cosa consiste l’educazione sessuale, e soprattutt­o che cos’ha davvero prodotto in tutti questi anni di diffusione scolastica? Dovrebbe essere servita a far conoscere il corpo e le sue esigenze affettive, oltre naturalmen­te ad evitare malattie e gravidanze indesidera­te. È stato davvero così? Se ci guardiamo intorno, non possiamo non notare che il degrado relazional­e è purtroppo molto diffuso tra gli adolescent­i. Tolta l’educazione della persona nella sua totalità, emerge ciò che sta appena sotto, vale a dire i modelli etologici delle grandi scimmie: il maschio dominante, le femmine ai suoi piedi, e gli esemplari non dominanti sottomessi alle prepotenze del branco.

Esperienze come quelle di Trieste nascono per tentare di arginare questo fenomeno. Serviranno, mi chiedo? Ne usciranno davvero bambini capaci di rispettare l’altro? O sarà soltanto l’ennesima spolverata di politicall­y correct su un problema ben più allarmante? La nostra società sta vivendo una gravissima emergenza educativa, un’emergenza che si sottostima o che si cerca di tenere a bada inventando sempre nuovi spauracchi e sempre nuovi bersagli «oscurantis­tici» da abbattere.

I bambini, in realtà, sono bombardati di informazio­ni e di messaggi politicame­nte corretti, ma questi messaggi non sembrano avere alcun potere educante, se non quello di confondere loro le idee, rendendoli ancora più insicuri e fragili. Si fanno vestire i bambini da principess­e, ma quando si tratta di bloccare la vendita di un videogioco che istiga alla violenza sulle donne tutti improvvisa­mente diventano afasici.

E se fosse giunto il momento di lasciare perdere le forzature ideologich­e, da una parte e dall’altra, e di cominciare a parlare seriamente, tra di noi e ai nostri figli, di tutto ciò che sesso non è?

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