La Spagna e l’autocritica (tardiva) sulla crisi
Niente sarà più come prima, ma c’è anche il rischio di un ritorno al peggio del passato. Questa l’analisi (pessimista) di
pubblicata su El País. Il giurista accomuna la crisi economica attuale, in parte, a quanto accaduto nel 1929, con l’emergere dei movimenti populistici e delle dittature nel Vecchio Continente. Dopo la nascita dell’Unione Europea, il quadro si è fatto ancora più complesso. La Spagna, sottolinea l’editoriale del quotidiano di Madrid, ha avuto un brusco risveglio dopo gli anni ruggenti precrisi. Gli antidoti per evitare il contraccolpo economico andavano presi allora. Magari anche adottando misure impopolari e restrittive.
Intendiamoci: è comprensibile l’euforia degli amici di Berlusconi e dei dirigenti del suo partito, anche di quelli che magari in segreto speravano di poter continuare a sfruttare la sua ansia giudiziaria per fargli fare ciò che volevano. Ed è positivo che, non per effetto di questa assoluzione ma per la fine della pena scontata ai servizi sociali a causa di un’altra condanna, il capo di un grande partito di opposizione possa tornare a far politica nelle piazze, a partire dalla campagna elettorale delle Regionali.
Ma miracoli è meglio non aspettarsene.
Quello che sta accadendo nel centrodestra italiano non è infatti solo il frutto dell’indebolimento della leadership di Berlusconi, ne è semmai un’importante causa. Il sorgere di una destra nazionalista e anti europea non nasce dalle vicende giudiziarie dell’ex Cavaliere, ma dai traumi sociali dell’Italia di questi anni, e la nuova Lega è una forza così aggressiva che non esita ad amputarsi il braccio moderato di Tosi, figurarsi se può essere ricondotta all’ovile con le cene del lunedì ad Arcore. L’esplosione di Forza Italia non deriva dall’obbligo dei venerdì a Cesano Boscone, ma dalla inconsistenza di un partito privo allo stesso tempo di democrazia e di gerarchia interna. La rottura con Alfano non si risolve con la parabola del figliol prodigo, perché ha ormai portato un pezzo del centrodestra nel centrosinistra. Ammesso che i voti di questi spezzoni siano un giorno sommabili, sembrano comunque pochi per vincere le elezioni, almeno per come le ha congegnate l’Italicum di Renzi.
Del resto, nel modello che si sta costruendo, mettendo insieme la riforma del Senato e quella della legge elettorale, il rischio più elevato non è tanto la dittatura della maggioranza ma l’irrilevanza della minoranza: che rischia di essere frantumata, divisa, litigiosa, una palude pronta a ogni trasformismo. Proprio perché si va verso un governo più forte e un Parlamento più debole, è di vitale importanza per la nostra democrazia che la competizione resti vera, che nelle urne ci sia una reale alternativa, che esista un centrodestra electable, cioè credibile come possibile governo.
Ora che ha l’animo più lieve, dopo l’assoluzione, è a questo che deve porre mente Berlusconi. Se le sorti del centrodestra gli interessano oltre l’orizzonte delle sue aziende e dell’eredità dei figli, può ricostruirlo solo aprendo una via, ordinata e per quanto possibile democratica, alla sua successione.
Ricostruzione Serve un centrodestra credibile: perciò l’ex premier deve ora aprire alla sua successione